Naturalis historia di Plinio il Vecchio (23 d.C.-79 d.C.) è un’opera enciclopedica in 37 libri, destinati a raccogliere e catalogare l’insieme delle conoscenze scientifiche e tecniche acquisite dall’uomo fino a quel momento. Gran parte dei dati non derivano dall’osservazione diretta e dalla ricerca, ma dallo studio di altri testi, circa 2000 di 100 autori diversi. Plinio, insomma, fu molto più un erudito che uno scienziato.
La Storia naturale di Plinio è conservata presso la Biblioteca nazionale Marciana di Venezia. È l’unica opera di Plinio il Vecchio giunta a noi.
Naturalis historia quando fu pubblicata e a chi era dedicata?
La Storia naturale di Plinio è pubblicata nel 77 d.C. e dedicata al futuro imperatore Tito, a cui è indirizzata l’epistola dedicatoria, posta a presentazione dell’opera.
Qual è l’argomento della Naturalis historia?
Nella Storia naturale Plinio tratta di cosmografia, geografia, antropologia, zoologia, botanica, agricoltura, piante medicinali, mineralogia, con ampie divulgazioni sulla storia dell’arte. Sono poi inserite nella trattazione i mirabilia, ovvero informazioni curiose su popoli lontani o su animali.
Cosa pensa Plinio il Vecchio della Natura?
L’idea della Natura che emerge dalla Storia naturale di Plinio risulta spesso ambivalente: ora forza benefica e provvidenziale ora matrigna crudele.
Secondo Plinio infatti la Natura sembra aver generato ogni cosa in funzione dell’essere umano. In cambio di un così grande privilegio, però, essa ha imposto all’essere umano patimenti e difficoltà: unico essere a nascere nudo e indifeso, in completa balìa delle intemperie; esposto al pianto fin dalla nascita; il solo a provare paure e angosce. L’essere umano però è anche il solo a sentire piacere, il solo capace di nuocere ai danni dei propri simili e dell’ambiente. Impossibile dunque – fa notare Plinio – dire se la natura sia per l’uomo una madre benevola o una crudele matrigna.
Il pessimismo di Plinio il Vecchio
È soprattutto la filosofia stoica che sorregge la concezione di Plinio dell’uomo sulla Natura. L’atteggiamento di Plinio il Vecchio all’interno dell’opera è talvolta pessimistico rispetto alla natura umana, condannata con piglio moralistico: l’essere umano abusa dei doni della natura che egli manipola in modo da arrecare, in definitiva, un pregiudizio morale a sé stesso, forgiando, per esempio, il ferro per costruire le armi e l’oro per fabbricare oggetti di lusso che lo porta a condannare l’avidità dell’uomo e il suo amore eccessivo per il lusso non necessari, invece di accontentarsi di vivere, come consiglia la massima stoica, “secondo natura”.
Plinio il Vecchio può quindi essere considerato un “ecologista ante litteram“, perché egli osservò i cambiamenti introdotti dall’uomo nell’ambiente italico dall’età repubblicana all’età giulio-claudia (drenaggi delle acque, vasti disboscamenti ecc.) richiamando l’attenzione sugli effetti di deformazione ambientale causati dal lavoro umano e dunque sui vincoli che sarebbe stato auspicabile porre su tale attività. Il messaggio dell’autore è quindi evidente: rispettare la natura e non stravolgerla.
La lingua e lo stile
La finalità pratica e la velocià di stesura hanno contribuito a conferire all’opera una scarsa cura formale. L’opera presenta anche scarsa disomogeneità, a causa della diversità delle fonti, e un fitto uso di termini tecnici, spesso costituiti da neologismi e grecismi.
Fino a tutto il Medioevo, la Naturalis historia di Plinio è la “fonte” del sapere, dove trovare sicuramente la nozione che si cerca. Solo con le nuove acquisizioni scientifiche il sapere tramandato da Plinio verrà superato e sconfessato, ma le sue pagine rimangono un’importante documento di valore inestimabile per la storia dell’arte antica, per la storia della scienza, del folklore, della religione.
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