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Navi da guerra romane come si chiamavano

Le navi da guerra romane che costituivano la flotta romana si possono dividere in due grandi gruppi: le naves onerariae, grosse navi da carico normalmente utilizzate per i traffici ma in caso di guerra utilizzate per il trasporto di uomini e materiali; e le più lunghe e strette navi da battaglia, le naves longae.

Le actuarie e le liburnae

Sempre per il combattimento, i Romani utilizzavano anche altre navi molto veloci: le actuariae e le liburnae, costruite sul modello delle imbarcazioni dei pirati.

In particolare, le liburnae costituivano le unità più numerose nella flotta romana. Di medie dimensioni, strette, veloci, molto manovrabili, azionate da due file di rematori, venivano impiegate soprattutto negli inseguimenti, nella caccia ai pirati e nel trasporto rapido delle truppe. Il nome deriva da una popolazione illirica, i Liburni, che avevano fornito a Ottaviano un contingente di navi di questo tipo con cui riuscì a sconfiggere le flotte unite di Antonio e Cleopatra nella battaglia di Azio, nel 31 a.C.; esse continuarono così ad avere grande fortuna in età imperiale.

Bireme, trireme, quadrireme, quinquereme

Le navi da guerra romane avevano vari ordini di remi per aumentare la velocità durante le manovre. La principale era la trireme, nave veloce e facilmente manovrabile, lunga fino a 40 metri e larga sei; era spinta da tre ordini di rematori e vi potevano essere imbarcati circa ottanta marinai; c’erano inoltre alcune armi da campo, opportunatamente fissate al ponte.

Molto diffusa era anche la bireme, a due ordini di rematori; poi, c’erano la quadrireme e la quinquereme, rispettivamente con quattro e cinque ordini di rematori, attrezzate con due corvi e dotate di macchine da guerra.

Il rostro e il corvo delle navi romane

I Romani munirono le loro navi di un rostro e di un corvo. Il rostro era uno sperone di ferro a tre punte, attaccato alla prua (la parte anteriore della nave), col quale era possibile sfondare lo scafo delle navi nemiche. Il corvo invece era una sorta di passerella lunga circa undici metri e larga circa un metro e venti centimetri, dotata di parapetto sui due lati, che veniva gettata contro il bordo della nave nemica, dove si agganciava per mezzo di speciali uncini. In questo modo i soldati potevano combattere come se fossero stati sulla terraferma.

L’equipaggio della nave da guerra romana

Capitano di ciascuna nave romana era il nauarchus (navarco), mentre comandante dell’intera flotta era il praefectus classis e, più anticamente, il console in persona.

Le ciurme erano composte da remiges (rematori), per lo più schiavi che dovevano remare al ritmo scandito dall’hortator, e da nautae (marinai), generalmente liberti o uomini forniti dagli alleati (socii). I marinai che combattevano il nemico erano chiamati classarii.

Al tempo di Augusto e in età imperiale due erano le basi navali importanti, ognuna comandata da un prefetto di ordine equestre: Miseno e Ravenna. C’erano poi diverse basi provinciali, con il compito di controllare tratti diversi di mare.

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