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Nedda, Giovanni Verga riassunto e analisi

Nedda (1874) è una novella di Giovanni Verga. Segna la sua conversione ai modi e ai temi del Verismo. La svolta verista di Giovanni Verga è dovuta alla scoperta dei naturalisti francesi (Flaubert, Zola, ecc.) e all’amicizia con Luigi Capuana.

Nedda riassunto

La novella ha la forma di una lunga lettera scritta da Giovanni Verga a una amica, che alcuni anni prima aveva visitato con lui Aci-Trezza.

Verga narra che un giorno la fiamma del caminetto, davanti al quale stava seduto, gli fece ricordare, per associazione d’idee, la fiamma che vide una volta ardere nel focolare di una fattoria alle falde dell’Etna. Dinanzi a quel fuoco si asciugava le vesti un gruppo di raccoglitrici di olive, bagnate dalla pioggia. Dopo essersi più o meno asciugate, tutte le ragazze, allegre, si misero a ballare al suono di una musica leggera. Solo una di esse, Nedda (diminutivo di Sebastianedda), se ne stava triste in disparte, perché aveva la mamma malata e la famiglia versava nell’estrema miseria.

Il sabato, avuta la paga, con la detrazione di due giornate e mezzo per la pioggia, Nedda tornò a casa e trovò che la mamma si era aggravata. L’ultima medicina, comprata dallo zio Giovanni, un uomo buono e caritatevole, non valse a nulla e la mamma morì.

Dopo la sepoltura della mamma, lo zio Giovanni le propose un nuovo lavoro ad Aci Catena, che le consentì di fare qualche spesa.

Un giorno Janu, un giovane del paese che da qualche tempo la corteggiava, le regalò un fazzoletto di seta, che la fece tanto gioire. In un successivo incontro il giovane promise a lei e allo zio Giovanni che un giorno, quando avesse avuto la possibilità di farlo, l’avrebbe sposata.

Dopo qualche tempo, Nedda e Janu andarono a lavorare insieme a Bongiardo; una domenica, durante una gita in campagna, i due si abbandonarono l’uno nelle braccia dell’altro.

Verso Pasqua, Nedda scoprì di aspettare un bambino e ora tutti la fuggivano per il suo nuovo stato.

Intanto Janu, nonostante fosse sofferente di malaria, andava lo stesso a lavorare per mettere da parte i risparmi e potersi sposare. Ma, un giorno, mentre potava un albero di olivo, cadde dall’albero e il giorno seguente morì.

Nedda restò sola e quando le nacque la bambina, questa era così gracile e minuta che dopo poco tempo morì.

Nedda analisi

Con Nedda Verga abbandona i personaggi passionali, evoluti e raffinati dei romanzi giovanili e ritrae la vita degli umili, che vivono rassegnati e silenziosi tra gli stenti e le fatiche. Abbandona anche le complicate analisi psicologiche e i lirismi dei primi romanzi iniziando una narrazione più sobria, disadorna, spersonalizzata, condotta con un linguaggio semplice e scarno.

In realtà la novella presenta ancora forme narrative in gran parte tipiche della produzione tardo-romantica, come si deduce analizzando la sua struttura complessiva.

La storia di Nedda è infatti introdotta da un narratore esterno, onnisciente (Verga), che la presenta come un ricordo sentimentale sorto in lui mentre osservava il fuoco del camino, anche se, con il procedere della vicenda, il narratore tende a scomparire, lasciando in primo piano i fatti “nudi”.

A Nedda seguono le grandi opere di ispirazione verista: le raccolte di novelle Vita dei campi (1880) e Novelle rusticane (1883); i romanzi I Malavoglia (1881) e Mastro-don Gesualdo (1889). A questi dovevano seguire La duchessa di Leyra, L’onorevole Scipioni e L’uomo di lusso, per completare il cosiddetto ciclo dei Vinti.

 

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