Nerone fu l’ultimo imperatore della dinastia giulio-claudia. Regnò su Roma dal 54 d.C. al 68 d.C. Il suo vero nome era Lucio Domizio Enobarbo. Era nato ad Anzio il 15 dicembre del 37 d.C. da Agrippina, sorella dell’imperatore Caligola, e Gneo Domizio Enobardo, morto nel 40.
Nel 49 Agrippina sposò suo zio, l’imperatore Claudio, e convinse quest’ultimo ad adottare Nerone. Poi nel 53, Agrippina fece sposare suo figlio Nerone con Ottavia, la figlia dell’imperatore Claudio: avevano rispettivamente 16 e 12 anni. L’anno successivo, 54 d.C., l’imperatore Claudio morì, per aver mangiato dei funghi velenosi: forse fu proprio Agrippina, che voleva affrettare la successione al trono di Nerone, ad aver avvelenato Claudio. Poche ore dopo la morte di Claudio, Nerone, a soli 17 anni, fu riconosciuto imperatore dall’esercito e dal Senato. L’anno dopo, nel 55 d.C., Nerone fece assassinare Britannico, figlio di Claudio (e dunque legittimo erede al principato).
Il quinquennio felice e la svolta autocratica
I primi cinque anni del principato di Nerone si distinsero come un periodo di buon governo, rispettoso dell’autorità senatoria, sotto l’influenza del prefetto del pretorio Afranio Burro e del filosofo Seneca, precettore dell’imperatore.
A partire dal 58 ebbe inizio invece una svolta in senso autocratico: Nerone avanzò una serie di proposte politiche difficilmente praticabili, come l’abolizione delle imposte indirette e una riforma dello statuto degli appalti, che avrebbe sottratto alle casse dello Stato entrate insostituibili. Nello stesso anno l’imperatore intraprese una relazione con Poppea Sabina, moglie del generale Otone. Istigato da Poppea, dopo aver diffuso la voce di un coinvolgimento della madre in un attentato alla sua vita, nel 59 Nerone fece uccidere Agrippina inscenando un incidente navale nella baia di Napoli.
Dopo aver fatto assassinare la prima moglie Ottavia, nel 62 sposò Poppea, che morì, secondo la tradizione, per un calcio al ventre datole da Nerone, mentre era incinta.
L’incendio di Roma e la costruzione della Domus aurea
Nel 64 d.C. un terribile incendio distrusse gran parte di Roma. Nerone trovò un comodo capro espiatorio nei cristiani, seguaci di un culto che allora era considerato strano e misterioso. I cristiani subirono allora una prima feroce persecuzione.
Dopo l’incendio, l’imperatore Nerone fece costruire a Roma molti edifici pubblici e restaurare quelli danneggiati; stabilì norme che prevedevano l’uso di materiali refrattari al fuoco, i criteri di costruzione, la distanza di sicurezza tra un edificio e l’altro. Fece edificare la Domus aurea, il palazzo imperiale.
La congiura di Pisone
Nel 65, scoperta una congiura contro di lui organizzata dal senatore Calpurnio Pisone (leggi La Congiura di Pisone), avviò un vera e propria politica di terrore, con l’uso indiscriminato e generalizzato dall’accusa di lesa maestà. Caddero vittime della sua crudeltà molti personaggi illustri, come Seneca, il maestro prima tanto amato (leggi La morte di Seneca raccontata da Tacito), Petronio, l’autore del Satyricon, e Lucano.
Tra la classe dirigente romana si diffuse il terrore. Delatori in cerca di ricompense facevano a gara nel presentare accuse infondate; mentre le condanne a morte erano spesso eseguite senza alcuna prova, per futili motivi, o per confiscare le ricchezze dei giustiziati. Nerone imperatore di Roma si era trasformato in un tiranno crudele.
Gli eccessi di Nerone
I suoi eccessi preoccupavano il Senato sia sotto il profilo politico sia sul piano economico. Le enormi spese per ludi e spettacoli e per la ricostruzione di Roma dopo l’incendio, condotta tra l’altro con criteri razionali e con largo uso del cemento, aprirono una voragine nel bilancio pubblico.
Fu poi sgradita agli aristocratici la riforma monetaria con cui Nerone operò una svalutazione dell’aureo (diminuendone il contenuto d’oro), per alleggerire il debito dello Stato.
Destavano infine fortissima ostilità il gusto ellenizzante ostentato da Nerone; la sua evidente preferenza per la Grecia (dove si trattenne tra il 66 e il 67); e parve inoltre intollerabile, in una situazione di grave crisi delle finanze, la sua decisione di concedere ai Greci l’esenzione fiscale.
Le province in fermento e la morte di Nerone
Da più parti dell’Impero iniziarono quindi a giungere notizie di proteste e sollevazioni contro Nerone. Il Senato, tuttavia, non osava intervenire, temendo nuove repressioni.
La rivolta decisiva fu quella della Spagna, da dove il legato imperiale Servio Sulpicio Galba mosse nel 68 d.C. verso Roma. Solo allora il Senato trovò il coraggio per dichiarare Nerone nemico dello Stato (significava che chiunque poteva ucciderlo), mentre la guardia pretoriana si affrettava a riconoscere Galba come successore di Nerone.
Nerone rimase completamente isolato; tentò la fuga, ma poi, vistosi perduto, si fece uccidere da un liberto il 9 giugno del 68. Con lui finiva la dinastia giulio-claudia.
Nerone pazzo?
L’imperatore figlio di Agrippina fu una figura controversa: debole, pazzo, sanguinario, incontenibile, perverso; ma anche un uomo amante dell’arte e della bellezza (nel 60 aveva istituito i Neronia, una gara quinquennale di canto, musica, poesia e oratoria, nei quali Nerone si esibiva nelle vesti di poeta o di musico).
Fu anche un grandissimo uomo di Stato. Durante i quattordici anni del suo regno l’impero conobbe infatti un periodo di pace, di prosperità, di dinamismo economico e culturale quale non ebbe mai né prima né dopo di lui.
La pessima fama si deve, con molta probabilità, alla convergenza di due tradizioni ostili: la storiografia senatoria, avversa a lui come agli altri successori di Augusto; la tradizione cristiana, che vide in lui il primo grande persecutore della nuova religione.