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Odissea Libro IV: si chiude la Telemachia

Odissea Libro IV: Telemaco alla corte di Menelao

Telemaco, accompagnato da Pisistrato, figlio di Nestore, (leggi Odissea Libro III) giunge a Sparta verso sera, proprio quando si stanno celebrando le nozze dei figli di Menelao: Ermione (figlia di Elena e data in sposa a Neottolemo, figlio di Achille); Megapente, che Menelao ha avuto da una schiava.

Eteòneo, scudiero di Menelao, riferisce dei due giovani al re e gli suggerisce di mandarli presso un altro ospite. Menelao, che ha beneficiato nel suo peregrinare di molta ospitalità, lo rimprovera duramente e gli ordina di accogliere i due, che si sono fermati col carro nel cortile davanti al portico della reggia.
Il banchetto nuziale è già in corso, l’aedo canta, gli acrobati volteggiano. Telemaco e Pisistrato sono accolti secondo le regole dell’ospitalità greca: vengono lavati, unti di olii profumati e viene loro servito cibo in abbondanza.

A Menelao non sfugge lo stupore dei suoi ospiti per lo splendore della sua casa; quindi ritiene opportuno spiegare come ha potuto raccogliere tante ricchezze: ha molto vagato e patito e ha fatto ritorno solo dopo sette lunghi anni. È stato a Cipro, in Fenicia, in Egitto; ha avuto modo di conoscere genti sconosciute e di toccare terre lontane così fertili da lasciare sbalorditi. Ha potuto mettere insieme molte ricchezze, a dimostrazione del fatto che i buoni rapporti tra le genti possono essere più remunerativi e redditizi delle guerre sanguinose e delle scorrerie piratesche.

Ma le ricchezze attuali non bastano a far dimenticare i dolori e le tristi esperienze del passato. Il re ricorda la perdita del fratello Agamennone, ucciso a tradimento, fatto questo di cui sicuramente i due giovani ospiti hanno avuto notizia. In qualche modo lascia intendere che la guerra di Troia è stata un disastro, tanto che vorrebbe poter vivere ancora nella sua antica dimora, anche se con meno ricchezze, purché fossero ancora vivi i compagni. Piange spesso per tutti quelli che ha perso, ma è molto angosciato per la sorte di Odisseo, il più tormentato degli Achei, di cui non si hanno più notizie.

A sentir parlare di suo padre, Telemaco si commuove e si copre il viso con il mantello per non far vedere le lacrime. Il suo pianto non è indice di debolezza o di infantilismo. Gli eroi greci spargono lacrime in abbondanza, singhiozzano, urlano, si rotolano nella polvere quando provano un forte dolore (l’unico ad avere una grande capacità di autocontrollo è, come vedremo, Odisseo). Il gesto di Telemaco che si copre il volto non sfugge a Menelao, che ritiene di aver riconosciuto nel giovane ospite il figlio di Odisseo, di cui ha già notato la somiglianza con il padre.

Scende nella grande sala Elena, moglie di Menelao, e riconosce nel giovane i lineamenti di Odisseo; allora Pisistrato ne rivela l’identità. Menelao esprime gioia e gratitudine verso Odisseo. Il ricordo degli eroi morti o che hanno sofferto durante la guerra fa piangere tutti; anche Pisistrato piange il suo valoroso fratello, Antiloco.

Elena mesce nel vino del banchetto un farmaco, il nepente che fuga il dolore e l’ira, il ricordo di tutti i malanni, e riporta così la serenità; poi racconta un episodio della guerra: Odisseo si era introdotto a Troia, travestito; Elena lo aveva riconosciuto, ma non rivelò la sua presenza; l’eroe, dopo aver ucciso un gruppo di nemici, uscì dalla città. Menelao ricorda un altro episodio: i Greci stavano nascosti dentro il cavallo di legno; Elena durante la notte girò più volte intorno a esso, imitando le voci delle mogli degli eroi chiusi al suo interno; uno dei Greci stava per cedere all’inganno e rispondere, svelando la presenza dei guerrieri all’interno del cavallo, ma Odisseo subito gli chiuse la bocca. Con questi ricordi si conclude il discorso e gli eroi si coricano in attesa del nuovo giorno.

Odissea Libro IV: le rivelazioni di Menelao

La mattina seguente Telemaco chiede al re notizie di suo padre. Menelao racconta allora il suo travagliato ritorno da Troia. Le sue navi, per mancanza di vento, si ritrovarono ferme a Faro, un’isola davanti all’Egitto. Menelao e i suoi sarebbeo morti lì, di fame, se Eidotea, figlia del dio marino Proteo, non si fosse commossa e non fosse loro apparsa recando consigli; avrebbero dovuto preparare un agguato al padre, che era stato dotato da Poseidone di facoltà profetiche. A mezzogiorno, Menelao e tre dei suoi compagni migliori sarebbero dovuti scendere in una profonda grotta; a quell’ora della giornata, le foche emergevano dall’acqua; Proteo le avrebbe prima contate e poi si sarebbe coricato con esse: quello era il momento di agire, perché sarebbe stato vulnerabile.

Gli eroi allora uccidono quattro foche e si nascondono nelle loro pelli e dopo che il vecchio si è coricato lo bloccano. Questi, come predetto dalla figlia, tenta di trasformarsi in tutti gli animali più spietati, finché, non riuscendoci, perché bloccato, e stanco, cede e rivela a Menelao che per proseguire deve tornare in Egitto e fare sacrifici agli dèi. Il percorso verso Sparta gli è infatti negato dalla dea Atena, irata perché, partendo da Troia, Menelao non ha voluto fare sacrifici propiziatori come il fratello Agamennone gli aveva invece proposto.

Menelao chiede a Proteo anche notizie della sorte dei suoi parenti e amici. Viene così a sapere della morte di Aiace di Oileo, la fine atroce di Agamennone e la futura vendetta di Oreste (leggi L’uccisione di Agamennone e la vendetta di Oreste); infine gli aveva parlato di Odisseo, rivelandogli che l’eroe si trovava in una isola perduta, trattenuto dalla ninfa Calipso, senza più compagni (leggi Odissea Libro V: Odisseo, Calipso e la tempesta marina).
Telemaco ora desidera tornare al più presto in patria, anche se Menelao vorrebbe averlo come ospite per alcuni giorni; e, ricevuti doni preziosi, riparte.

Odissea Libro IV: l’agguato dei Proci

Intanto a Itaca i Proci si trovano all’esterno della casa di Odisseo e si divertono a lanciare dischi e giavellotti nella spianata esterna. Noemone, l’Itacese che ha fornito a Telemaco la nave per il viaggio a Pilo e a Sparta, si avvicina ad Antinoo e ingenuamente gli chiede quando è previsto il suo ritorno: ha bisogno della sua nave per andare in Elide per le sue attività. Antinoo, che ignorava l’allontanamento di Telemaco, è colto dalla sorpresa, tanto più che Noemone gli dice che con lui si sono imbarcati i giovani Itacesi migliori e che sicuramente un dio lo accompagnava. Il capo dei pretendenti convoca allora immediatamente i suoi compagni ponendo fine alle gare.

Antinoo propone di tendere a Telemaco un agguato sulla via del ritorno, nello stretto tra Itaca e Same. L’araldo Medonte avverte di questo pericolo Penelope, ancora ignara del viaggio del figlio; Penelope si dispera e sgrida le ancelle per non averla informata; Euriclea le svela allora il giuramento di silenzio chiestole dal figlio, la incoraggia e le consiglia di rivolgersi ad Atena per chiedere protezione per Telemaco.
Atena, per rassicurare Penelope, le manda in sogno l’immagine della sorella Iftima, che la conforta e le rivela il costante aiuto della dea.

Con Odissea Libro IV si chiude la Telemachia.

Il racconto continua con Odissea Libro V: Odisseo, Calipso e la tempesta marina clicca qui
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