Padre se anche tu non fossi il mio dalla raccolta di liriche Pianissimo (1914) di Camillo Sbarbaro. Ve ne diamo il testo poetico, l’analisi e il commento.
Padre se anche tu non fossi il mio: il testo poetico
Padre, se anche tu non fossi il mio
padre, se anche fossi a me un estraneo,
per te stesso egualmente t’amerei.
Ché mi ricordo d’un mattin d’inverno
che la prima viola sull’oppsto
muro scopristi dalla tua finestra
e ce ne desti la novella allegro.
Poi la scala di legno tolta in spalla
di casa uscisti e l’appoggiasti al muro.
Noi piccoli stavamo alla finestra.
E di quell’altra volta mi ricordo
che la sorella mia piccola ancora
per la casa inseguivi minacciando
(la caparbia avea fatto non so che).
Ma raggiuntala che strillava forte
dalla paura ti mancava il cuore:
ché avevi visto te inseguir¹ la tua
piccola figlia, e tutta spaventata
tu vacillante l’attiravi al petto,
e con carezze dentro le tue braccia
l’avviluppavi come per difenderla
da quel cattivo ch’era il tu di prima.
Padre, se anche tu non fossi il mio
padre, se anche fossi a me un estraneo,
fra tutti quanti gli uomini già tanto²
pel tuo cuore fanciullo³ t’amerei.
¹ «ché avevi visto te inseguir»: perché ti eri accorto che stavi inseguendo;
² «già tanto»: anche soltanto;
³ «pel tuo cuore fanciullo»: per il tuo cuore innocente, semplice.
Padre se anche tu non fossi il mio: analisi e commento
Il sentimento che il poeta Camillo Sbarbaro nutre per il padre va oltre il semplice riconoscimento di un legame biologico. Se anche egli non fosse suo padre, infatti, il suo affetto non verrebbe meno, perché si fonda sulla stima per lui come persona, per le sue qualità umane di sensibilità e di gentilezza, ben vive nella sua memoria. Ad esempio, il ricordo di quando, un mattino d’inverno, egli comunicò ai suoi bambini (il poeta stesso e la sorella bambina) la gioia per la miracolosa scoperta di una viola, o di quando, volendo punire la bambina per una sua malefatta, impaurito dalla sua stessa violenza, tramutò il suo gesto minaccioso in un affettuoso abbraccio.
Sul piano stilistico grande rilievo ha l’invocazione iniziale, ripresa e amplificata nei versi finali («Padre, se anche tu non fossi il mio / padre, se anche fossi a me un estraneo»), con cui il poeta, con tono quasi di preghiera, si rivolge al padre. Significativo è in questo senso anche l’uso ricorrente del pronome e dell’aggettivo possessivo di seconda persona.
Il linguaggio usato è semplice e concreto, nonostante registri la presenza di alcune forme ottocentesche: «ché», «mattin», «novella», «inseguir».
Metro: endecasillabi sciolti raggruppati in tre strofe di varia lunghezza.