Il canto XVI Paradiso della Divina Commedia di Dante Alighieri si svolge nel cielo di Marte, dove risiedono le anime di coloro che combatterono e morirono per la fede. Insieme al canto precedente e al canto successivo, fa parte di un “trittico”, nel quale Dante incontra il suo trisavolo Cacciaguida.
Argomenti del Canto XVI del Paradiso
- Domande di Dante a Cacciaguida sulla Firenze antica (vv. 1-27)
- Risposta di Cacciaguida: notizie famigliari (vv. 28-45)
- Decadenza e morte delle antiche famiglie di Firenze (vv. 46-154)
Canto XVI Paradiso : Domande di Dante a Cacciaguida sulla Firenze antica (vv. 1-27)
L’accenno fatto da Cacciaguida (nel canto precedente) alla dignità cavalleresca conferitagli dall’imperatore Corrado III di Svevia stimola nell’animo di Dante un ingenuo orgoglio aristocratico. Da qui prende a rispondere al trisavolo usando il «voi», pronome onorifico, mentre prima s’era rivolto col tu (Paradiso canto 15, v. 85).
Beatrice se ne accorge e sorride della piccola vanità del poeta, il quale dovrebbe pur sapere che la nobiltà vera non è quella che si eredita col sangue, e che il pregio di una stirpe si distrugge in breve se non sopravviene nei singoli il dono di un merito personale.
Il gesto di Beatrice è paragonato a quello che la dama di Malehaut fece quando assistette al primo incontro tra Lancillotto e Ginevra, così come si narra nel romanzo di Lancillotto: la dama segnalò con un colpo di tosse la sua presenza, per far sapere ai due innamorati che il loro amore non era più segreto. L’episodio cui si allude è quello di cui leggono anche Paolo e Francesca prima di commettere adulterio (Inferno Canto 5).
Dante ringrazia il suo avo e dichiara che quanto gli ha detto lo ha riempito di gioia e di orgoglio. Poi chiede a Cacciaguida informazioni sui comuni antenati, quale fu il suo anno di nascita, a quanto ammontava la popolazione di Firenze a quei tempi e quali erano le principali famiglie fiorentine.
Canto XVI Paradiso: Risposta di Cacciaguida: notizie famigliari (vv. 28-45)
Cacciaguida, illuminandosi di gioia, risponde di essere nato nel 1091 e di aver vissuto nel quartiere fiorentino di Porta San Pietro, dentro la più antica cerchia di mura, il che è garanzia di antica nobiltà. Per modestia, tace sulle origini dei suoi antenati: probabilmente Dante non aveva altre notizie sui suoi antenati e per questo fa pronunciare a Cacciaguida questa battuta reticente: «è più opportuno tacere che dire chi essi fossero e da dove vennero lì».
Paradiso Canto 16: Decadenza e morte delle antiche famiglie di Firenze (vv. 46-154)
Cacciaguida spiega che gli «uomini d’arme» (con questa espressione si indicano tutti coloro che erano iscritti nelle liste dell’esercito della città, cioè gli uomini tra i 18 e i 60 anni) erano allora circa un quinto della popolazione che Firenze ha all’epoca di Dante (al tempo di Dante Firenze contava trentamila abitanti: questo significa che al tempo di Cacciaguida i maschi iscritti alle liste dovevano essere seimila).
Gli abitanti erano tutti di origine cittadina e nessuno proveniva dal contado. Ma poi i conflitti tra la Chiesa e l’Impero avrebbero spinto molti di coloro che stavano nelle campagne a trasferirisi in città, dove si sarebbero arricchiti con mezzi spregevoli (si allude alle attività bancarie e a quelle commerciali, che, secondo Cacciaguida, a Firenze vengono svolte da uomini che dovrebbero limitarsi a fare i venditori ambulanti). Così, la mescolanza di cittadini di provenienza e ceti diversi avrebbe causato la rovina di Firenze.
Poi, Cacciaguida elenca i nomi di casate illustri che ostentavano potenza ma erano già avviate sulla strada del declino. Le famiglie, infatti, possono estinguersi, come le città. La rievocazione culmina con il rammarico ricordo dell’uccisione da parte degli Amidei, nobile famiglia fiorentina, di Buondelmonte dei Buondelmonti, nel giorno di Pasqua del 1216. Buondelmonte aveva rotto il fidanzamento con una Amidei, episodio che segnò l’inizio della lotta tra Guelfi e Ghibellini in Firenze.