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Pelope e l’istituzione dei Giochi Olimpici

Pelope era figlio di Tantalo, ricco re della Lidia.

Un giorno, Tantalo invitò gli dèi dell’Olimpo a banchetto e per provare la loro onniscienza diede loro da mangiare il suo giovane figlio Pelope. Nessuno degli dèi cadde nel tranello, tranne Demetra, che affamata ne divorò una spalla.

Dopo aver punito Tantalo (vedi anche Il supplizio di Tantalo), per ordine di Zeus, la figura di Pelope venne ricomposta e Demetra la completò, sostituendo la spalla che ella aveva mangiato con una protesi in avorio.

Riacquistate le proprie sembianze, Poseidone si innamorò del giovane e lo trasportò sull’Olimpo sopra un carro trainato da cavalli d’oro. Qui fu suo coppiere.

Giunto all’età virile, Pelope si mise alla ricerca di un suo regno. Giunse alla corte di Enomao, re di Pisa nell’Elide. Questi rifiutava a tutti la mano di sua figlia Ippodamia, perché un oracolo gli aveva predetto che sarebbe morto per mano del suo genero.

Enomao possedeva dei cavalli divini; perciò sapendo di non poter essere mai battuto, proponeva ai pretendenti della figlia di gareggiare con lui in una corsa dei carri: se avessero vinto avrebbero sposato Ippodamia, in caso contrario sarebbero stati uccisi.

Già tredici giovani avevano perso la vita in questo modo, quando giunse Pelope su un carro leggerissimo e cavalli alati donatigli da Poseidone. Scorgendo però le teste dei pretendenti sfortunati inchiodate alle porte del palazzo di Enomao, decise di corrompere Mirtilo, l’auriga del re, per essere sicuro di vincere. Gli promise di fargli passare una notte con Ippodamia se lo avesse aiutato a vincere.

L’auriga di Enomao allora sostituì i perni delle ruote con pezzi di cera. Il carro si rovesciò, Enomao morì e Pelope vinse. Per commemorare la vittoria istituì i Giochi Olimpici.

Pelope decise però di non ricompensare Mirtilo, ma lo precipitò nel tratto di mare prospiciente il promontorio sudoccidentale dell’isola di Eubea, che da lui prese il nome di Mirtoo.

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