Home » Riassunti » Letteratura » I Persiani, tragedia di Eschilo: trama, analisi, commento

I Persiani, tragedia di Eschilo: trama, analisi, commento

I Persiani è una tragedia di Eschilo rappresentata per la prima volta nel 472 a.C., durante uno spettacolo teatrale ad Atene, otto anni dopo la battaglia di Salamina del 480. Ha per tema la disfatta dell’esercito persiano guidato dal re Serse, avvenuta proprio a Salamina.

È in assoluto la più antica opera teatrale pervenuta. È inoltre l’unica tragedia greca pervenuta il cui argomento sia un fatto di storia reale e contemporanea (la seconda guerra persiana), al quale lo stesso autore (Eschilo) aveva partecipato in prima persona. Eschilo, infatti, fu uno degli opliti che nel 490 a.C. respinsero i Persiani nella battaglia di Maratona.

I Persiani, tragedia di Eschilo: la trama

Nella reggia persiana di Susa il coro, formato dai vecchi dignitari, attende con impazienza e inquietudine qualche notizia circa la spedizione condotta dal re Serse contro la lontana Grecia.

Un sogno di Atossa, regina madre di Serse e vedova di Dario, al riguardo non fa presagire nulla di buono. L’infausta premonizione trova conferma nelle parole di un messaggero che sopraggiunge con la notizia della catastrofe persiana nella battaglia di Salamina (480 a.C., alla quale lo stesso Eschilo prese parte).

Incerti e disperati, Atossa e il coro decidono di evocare l’ombra di Dario per avere notizia sul da farsi.
Lo spettro del Gran Re, apparso in scena, condanna apertamente l’operato di Serse, che in quell’impresa ha dato prova di tracotanza e di superbia, e ammonisce a non portare più guerra ad Atene.

L’arrivo del re Serse, lacero e prostrato dalla sconfitta, che si unisce al lamento del coro in un canto luttuoso, chiude il dramma.

I Persiani, tragedia di Eschilo: analisi e commento

I Persiani ha tutte le caratteristiche del testo arcaico: assenza di prologo; esiguo numero dei personaggi; l’importanza attribuita al coro.

La trama è semplice, ma lo stile è ardito e metaforico.

Esso si presentava in aperta alternativa alle Fenicie di Frinico¹, di appena quattro anni prima. In questo l’argomento era rappresentato in maniera del tutto diversa, poiché il centro della tragedia era costituito dalle Fenicie (le mogli dei rematori fenici che formavano l’equipaggio della flotta persiana) e dal loro dolore per la morte dei congiunti.

Il vero protagonista della tragedia si trova comunque fuori dalla scena ed è il popolo ateniese, che siede sui gradini del teatro.

Ne I Persiani di Eschilo non traspare alcun disprezzo per i nemici vinti, né vi è in essi alcuna rabbia per la sconfitta subita.

Sarebbe stato facile infatti per Eschilo presentare sotto una luce sfavorevole i temuti e odiati Persiani, e far giudicare i Greci, per bocca degli stessi nemici, guerrieri eccezionali e addirittura eroi, ma i risultati sarebbero stati scadenti, sconfinando nella vuota esaltazione nazionalistica.

In Eschilo sono invece costantemente presenti misuratezza e forte religiosità. La vittoria dei Greci è stata sì frutto del loro valore, ma anche del favore di Dike (la giustizia) e di Zeus, sotto la cui protezione essi hannno pienamente combattuto, fidando nella forza della libertà e della giustizia contro la prepotenza e l’arrogante dispotismo di un uomo che si paragonava a un dio.

¹ Frinico, nato intorno al 535 a.C., secondo la tradizione sarebbe stato il primo a introdurre in scena personaggi femminili. Fra il 511 e il 508 a.C. conseguì la sua prima vittoria in un agone tragico; ne riportò un’altra sicuramente nel 476 a.C. col dramma le Fenicie, che celebrava la battaglia di Salamina, tema ripreso qualche anno dopo nei Persiani di Eschilo.

 

Ultimi articoli

Giochi

Sullo stesso tema