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Prima e seconda guerra dell’oppio: cause e conseguenze

Prima e seconda guerra dell’oppio: cause e conseguenze. Riassunto di Storia schematico e completo per conoscere e memorizzare facilmente.

Guerra dell’oppio – le cause

L’isolamento del Paese

Fin dall’inizio dell’800 l’impero cinese dei Qing (1644-1912) era rimasto pressoché inaccessibile ai viaggiatori e ai commercianti occidentali. Non aveva neanche relazioni diplomatiche con l’esterno, in omaggio all’idea che l’imperatore fosse l’unica fonte di potere sulla Terra e che gli altri sovrani potessero avere con lui solo rapporti di vassallaggio. Agli stranieri era consentito di operare solo nel porto di Canton, nella Cina meridionale. Questo orgoglioso isolamento era segno in realtà di una profonda debolezza. Da tempo ormai la società cinese era irrigidita e chiusa in se stessa. Il risultato fu che, al primo traumatico scontro con l’Occidente, la Cina imperiale entrò in una crisi irreversibile.

La prima guerra dell’oppio

Occasione dello scoppio della prima guerra dell’oppio (1839-1842) fu il contrasto scoppiato alla fine degli anni ’30 tra il governo imperiale e la Gran Bretagna a proposito del commercio dell’oppio.

La droga, prodotta in gran quantità nelle piantagioni indiane (all’epoca colonia inglese), era esportata clandestinamente in Cina, dove il suo consumo era largamente diffuso, benché ufficialmente proibito.

Era così nata un’acuta tensione tra la Cina e la Gran Bretagna, ritenuta non a torto la principale responsabile e beneficiaria del traffico.

Quando alla fine del 1839, un funzionario cinese, Lin Zexu, fece sequestrare e distruggere circa 20 000 casse di oppio recuperate nel porto di Canton, il governo inglese decise di intervenire militarmente. Vincitori, dopo più di due anni, della prima guerra dell’oppio furono gli inglesi.

Con il Trattato di Nanchino del 29 agosto 1842, la Cina dovette cedere alla Gran Bretagna la città di Hong Kong (tornata alla Cina solo nel 1997), situata su un’isola prospiciente il porto di Canton; pagare un’elevata indennità agli inglesi (ben 21 milioni di dollari); fine del vassallaggio dei mercanti europei nei confronti dell’imperatore; riapertura al commercio straniero di cinque porti, fra cui Shangai.

Questa prima guerra dell’oppio, mettendo a nudo la debolezza militare della Cina e aprendola alla penetrazione commerciale europea, ebbe il doppio effetto di sconvolgere gli equilibri sociali su cui si reggeva l’Impero e di far convergere su di esso le mire espansionistiche di altre potenze.

Seguirono, infatti, il Trattato di Huangpu (1844) stipulato con la Francia e il Trattato di Wangxia (1844) stipulato con gli Stati Uniti, caratterizzati dalla cosiddetta «clausola della nazione più favorita».

La seconda guerra dell’oppio

Proprio questi due trattati diedero il via alla seconda guerra dell’oppio (1856-1860).

Ora gli Occidentali miravano infatti ai porti del Nord e alle vie fluviali interne. Nel 1854 i ministri di Francia, Inghilterra e Stati Uniti chiesero di sottoporre i trattati a revisione. La Cina rifiutò.

Le truppe anglo-francesi, allora, presi a pretesto la morte di un missionario francese e l’arresto dell’equipaggio di una nave inglese accusata di pirateria, iniziarono (1856) l’assedio del porto di Canton, sino a saccheggiare il Palazzo d’Estate a Pechino.

Il conflitto, passato alla storia con la denominazione di seconda guerra dell’oppio, si concluse con la firma del Trattato di Tianjin (1858) e del Trattato di Pechino (1860).

Risultato: pagamento di una pesante indennità; apertura di altri 10 porti; libera circolazione dei mercanti e dei missionari stranieri in Cina; esenzioni doganali; apertura di legazioni diplomatiche a Pechino; apertura al commercio straniero anche delle vie fluviali interne e legalizzazione dell’oppio.

L’importazione cinese dell’oppio dall’India Britannica cessò del tutto nel 1890, grazie allo svluppo della produzione interna nella regione dello Yunnan.

 

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