Principe delle nuvole di Gianni Riotta. Riassunto dettagliato del romanzo. Principe delle nuvole ha vinto il Premio Vittorini e il Premio Napoli ed è stato tradotto in molti paesi, ottenendo un successo internazionale.
Gianni Riotta – breve biografia
Gianni Riotta nasce a Palermo il 12 gennaio 1954. Scrittore e giornalista italiano, Laureato in Filosofia nel 1976, ha scritto per la Stampa, L’Espresso e per il Corriere Della Sera, di cui è stato anche vice-direttore.
Il 20 settembre 2006 è stato nominato direttore del TG1. Dal 30 marzo 2009 al 15 marzo 2011 è stato direttore de Il Sole 24. Dal 2011 insegna al Master In Rappresentanza Degli Interessi, Politica e Istituzioni della Luiss School of Government. Dal 2012 è socio e membro del Consiglio di Amministrazione dell’ONG OXFAM ITALIA. Attualmente lavora per La Stampa.
Opere
Cambio di stagione (1991)
Ultima dea (1994)
Ombra (1995)
Principe delle nuvole (romanzo) (1997)
N.Y. Undici settembre (2001)
Alborada (2002)
La I Guerra Globale (2003)
Le cose che ho imparato (2011)
Il web ci rende liberi? (2013)
il romanzo Principe delle nuvole ha vinto il Premio Vittorini e il Premio Napoli ed è stato tradotto in molti paesi, ottenendo un successo internazionale.
Principe delle nuvole, di Gianni Riotta – Riassunto dettagliato
Il protagonista, il colonnello Carlo Terzo, è nato nel 1901 a Torino, dove frequenta il Corso Allievi Ufficiali. Finita la Scuola di Guerra è assegnato all’Ufficio Storico dello Stato Maggiore del Regio Esercito. Anche il suo amico, il tenente Amedeo Campari, dopo il corso di Allievi Ufficiali, è assegnato all’Ufficio Storico.
Il tenente Amedeo Campari, più giovane di dieci anni del colonnello, è caratterialmente ben diverso dall’amico: impulsivo, impetuoso, affascinante, allegro, solare, audace. Anziché stare chino sui libri, come invece ama fare il colonnello, egli doma i cavalli, tira di scherma (passione che col tempo trasmette al colonnello), corteggia le donne ed è da esse corteggiato, perché bello, atletico, agile, elegante.
Campari definisce Terzo «un uomo dotato di genialità che tutto conosce e nulla osa». Eppure due uomini all’apparenza così diametralmente opposti, diventano amici fraterni. A unirli la generosità, il coraggio, il senso dell’onore e l’amore per la propria Patria, l’Italia; per essa sono disposti a combattere a costo di qualunque sacrificio.
Scoppia la Seconda Guerra Mondiale, il tenente Amedeo Campari parte per il fronte e durante la campagna in Russia, nel gennaio del 1943, si perdono sue notizie.
Il colonnello Carlo Terzo spera invece di essere preso come aiutante di campo, perché, anche se il Fascismo non gli piace, per tutta la vita ha studiato l’arte della guerra e ora vuole applicarla e vederla.
Invece, il conte Galeazzo Ciano, Ministro degli Affari Esteri (e genero di Benito Mussolini) gli affida l’incarico di Storico Ufficiale delle Forze Armate Italiane.
Ciano prende questa decisione perché ha stima e fiducia di Terzo. Egli è un uomo di grande cultura; ha studiato Strategia in Germania, Tattica e Storia Militare a Oxford e a Parigi e gli inglesi lo considerano un’autorità.
Durante l’incontro con Ciano, il colonnello conosce la principessa Emma Svjatoslava: è una donna alta, magra, capelli biondo cenere, vita sottile, seno minuto.
Lei è bella, intelligente, elegante, sofisticata, dai modi gentili, anche con le persone più semplici.
La principessa è una spia russa alle dipendenze del Ministro Ciano, di cui probabilmente è anche l’amante; detesta il Fascismo Italiano così come il Comunismo Russo, ma deve sopravvivere e si adatta.
Resta affascinata dalla foga e dalla passione con cui il colonnello le narra della Battaglia di Marengo.
Il 25 luglio del 1943 il Ministro Galeazzo Ciano, durante il Gran Consiglio Fascista, vota contro il suocero, Benito Mussolini; in conseguenza di ciò, il Ministro è fucilato a Verona, mentre a nord è guerra civile.
Il colonnello Terzo, nel frattempo, si trova in Sicilia. È stato il ministro Ciano a mandarlo, perché verifichi la posizione di un accampamento cartaginese durante la Seconda Guerra Punica.
Gli Americani lo catturano a Palermo, ma la sua prigionia dura poco. Il capitano Paul Gawain, che ha studiato sui suoi libri all’Accademia di West Point, lo fa infatti liberare; lo presenta al generale Eisenhower, così esprimendosi: «colonel Terzo is a master of War. Thanks God, Mussolini Would not listen to him».
Terzo torna a Roma. Poco dopo, nella città entrano gli Americani. Durante il pomeriggio di quel giorno, sposa la principessa Emma. Tutto nel loro matrimonio, compresa l’idea di sposarsi, è deciso da lei.
Inizialmente la principessa prende questa decisione probabilmente per pura convenienza. Per lei, infatti, restare a Roma dopo l’arrivo degli Americani diventa pericoloso; ha bisogno di qualcuno che la protegga, che le dia un nuovo status, una nuova immagine.
Ma, in breve tempo, Emma impara ad amare Terzo, perché è un uomo buono, dolce e intelligente.
Subito dopo il matrimonio, i due coniugi si trasferiscono a Palermo, in una piccola villa sul mare, con terrazzo e giardino, popolato da gatti randagi, di proprietà della principessa.
Palermo appare al colonnello il luogo perfetto per scomparire, dopo una vita considerata da lui (fino a quel momento) inutile.
Carlo Terzo passeggia ogni giorno in un vicino mercato, tra bancarelle e piccole botteghe; non compra mai nulla, eppure i negozianti lo trattano con rispetto e lo salutano con simpatia. Gli offrono ciò che hanno: «un paio di cedri, un cartoccio di olive al fiore, o una millefoglie appena sfornata». Terzo attribuisce quelle gentilezze allo stile della principessa «che tratta quella povera gente con le maniere riservate alle dame di corte».
Cosma, il barbiere, confida a Terzo che la gente lo stima, perché convinti che, se Mussolini lo avesse ascoltato, gli Italiani avrebbero vinto la guerra.
Poco dopo il loro arrivo a Palermo, la principessa scopre di essere ammalata di cancro ai polmoni. Nonostante ciò continua a sorridere, ad amare la vita, a dare forza ed entusiasmo al marito; a lui vorrebbe dare un figlio per non lasciarlo solo, ma la malattia non glielo consente.
Sempre a Palermo, il colonnello e sua moglie entrano in confidenza con una giovane coppia di innamorati: Salvatore Dragonara, poeta, e Fiore Mastema, la figlia ribelle di una nobildonna siciliana. Quest’ultima, proprietaria di estesi latifondi, è una donna cinica, egoista, crudele. È dominata dalla brama di potere e dal rancore, incapace persino di provare amore per la sua unica figlia.
Il colonnello e sua moglie si ritroveranno assieme a Salvatore e a Fiore a combattere a fianco dei contadini sfruttati dai latifondisti: una battaglia per la giustizia, per la libertà, per i propri diritti. Una battaglia che consente al colonnello, seppur in un contesto diverso dalla guerra, di applicare tutte le teorie da lui perfettamente conosciute ma mai messe in pratica, riportando una decisiva vittoria, anche se perde tante innocenti vite umane e, tra queste, lo stesso Salvatore Dragonara.
Il colonnello, che tante volte si è chiesto cosa si prova prima di una battaglia, ora può rispondere: si sente calmo e forte, non ha paura. Del resto non ha nulla da perdere: se muore, muore con Emma ed evita solitudine e vecchiaia.
Per la prima volta spara ad un uomo e lo uccide, colpendolo alla schiena. In un altro contesto sarebbe stata un’azione da condannare, ma in guerra è strategicamente perfetto.
Dopo la battaglia, il colonnello Terzo e sua moglie ritornano a Palermo e la principessa muore pochi giorni dopo. Muore tra le braccia del marito, avvolta in una pelliccia di orso, alle prime luci dell’alba, in terrazza, di fronte al mare, mentre il marito le descrive la battaglia di Kiev, avvenuta nel 969 d. C. contro i Bizantini e combattuta da un antenato di lei, Svjtoslav, duca di Kiev, della quale la principessa gli aveva chiesto informazioni durante il loro primo incontro, ma Terzo ne ignorava l’esistenza.
Terzo porta fiori alla tomba di sua moglie tutti i giorni; in lui due sentimenti: il dolore per la morte di lei e la felicità e la gratitudine che una donna così lo abbia scelto e amato. Perché Terzo ritiene di non aver saputo vivere secondo “l’ordine obliquo”: ha paura della spontaneità, di vivere affrontando rischi e speranze. Anche sua moglie Emma gli è capitata, secondo il suo stesso parere, senza merito, «avesse dovuto dire una parola per conquistarla, non l’avrebbe saputa pronunziare».
Un giorno, uscendo dal cimitero, incontra Fiore Mastema: non l’aveva più rivista dal giorno della battaglia. E’ diventata una donna bella e forte. Dal racconto di lei, su ciò che ne è stato di se stessa e della sua bambina avuta dal suo amore, Salvatore Dragonara, e di come è riuscita a risuscitare dal dolore in cui era sprofondata, al colonnello Carlo Terzo è data la consapevolezza che il suo “Manuale di vita strategica”, al quale ha lavorato per una vita intera, non è inutile.
In esso è contenuto tutto il suo pensiero sulla vita e su come essa va vissuta: non si può vincere sempre, perché non siamo invulnerabili e il caos può sconfiggerci in ogni istante, ma in ogni istante noi possiamo salvarci, perché in ogni campo di battaglia, così come in ogni occasione della vita, possiamo trovare il coraggio, l’inventiva e la fortuna per battere nemici assai più potenti di noi, a patto di soffrire, adattandoci alle situazioni (in guerra e nella vita) in modo intelligente e audace, osando una manovra originale, che il nemico non si aspetta.
È interessante la frase dello storico greco Senofonte su cui il colonnello Carlo Terzo medita: «lo stratega deve far immaginare al nemico di essere vicino quando è assente e di essere lontano quando invece è vicinissimo».
Cinquant’anni prima di lui, nel 400 a. C., il cinese Sun-Tzu, maestro di strategia militare, aveva espresso lo stesso concetto, sottolineando che “la guerra è l’arte della dissimulazione” e per riuscire in essa e vincere, spiega il colonnello, dobbiamo pensare come il nemico, “vivere come lui, respirare come lui”; non dobbiamo mai farci intimidire, così avremo “il vantaggio dell’equilibrio”, mentre il nemico si batte sbilanciato, perché la sua presunta superiorità si rovescia in svantaggio e la disillusione fa sì che gli avversari combattano con minor lena.
Al momento cruciale vinciamo il nemico se superiamo noi stessi, rivelandoci pazienti, saggi, tenaci, disposti a soffrire come mai avremo pensato fosse possibile. Ma per sopportare e affrontare dolore, morte e distruzione bisogna avere un motivo, una ragione e uno scopo.
Da qui la considerazione del colonnello sul perché gli Italiani hanno perso la guerra: ai soldati italiani non sono stati dati né mezzi né ragioni per combattere e soffrire a lungo; l’Italia non era preparata per andare in guerra, chi lo ha deciso ha peccato di superbia. A Mussolini sono mancati i soldi da investire in armi, a differenza degli Inglesi; e i Russi sono stati disposti a morire pur di non cadere in mano al nemico e per questo hanno combattuto con disciplina, rassegnazione e ferocia.
Ma, sentenzia Carlo Terzo, non si perde perché si è sconfitti, se poi dalla sconfitta e dal dolore per essa traiamo un insegnamento.
Il principe delle nuvole – Il messaggio
Qual è dunque questo insegnamento? La guerra è inutile, non serve a niente e a nessuno; è solo morte e distruzione. Se capendo questo, ci impegniamo insieme ad evitare ulteriori e future guerre, allora la morte e il dolore che ha colpito tanti prima di noi non sarà stato inutile.
Il colonnello Carlo Terzo e il suo fraterno amico, il tenente Amedeo Campari, lo hanno capito ed è questo il loro messaggio d’amore per l’intera umanità.