Capitolo 13 Promessi Sposi riassunto. Il capitolo 13 prosegue il racconto dei tumulti dell’11 novembre, iniziato nel capitolo precedente e affronta l’episodio dell’assalto alla casa del vicario.
Capitolo 13 Promessi Sposi riassunto: la folla assale la casa del vicario
Il capitolo 13 si apre proponendo, al centro della scena, il vicario di provvisione. Egli è in ansia a causa del saccheggio ai forni e faticosamente digerisce un pranzo consumato senza appetito. Qualcuno arriva con la notizia che la folla si sta avvicinando, allora i servitori sbarrano e rinforzano le porte, mentre il «meschino» si rifugia in soffitta.
Renzo di sua iniziativa, a poco a poco, si lascia coinvolgere e si schiera contro coloro che vogliono il «sangue».
La folla si accanisce («in cento modi») per abbattere la porta. Intanto giunge l’ufficiale con i soldati: si trovano di fronte ad una «accozzaglia di gente». L’ufficiale non sa che decisione prendere; passa in rassegna le varie possibilità, come «far fuoco sopra quella ciurma», ma non ne ha l’autorizzazione, oppure far proseguire i soldati tra la folla, ma c’è il rischio di lasciarli in balìa della folla irritata.
In mezzo alla folla c’è un anziano, il cui aspetto lascia intuire un’esistenza indegna e malvagia («un vecchio mal vissuto… due occhi affossati e infocati… un sogghigno di compiacenza diabolica,… le mani alzate sopra una canizie vituperosa»), agita chiodi e martello e proclama di voler attaccare il vicario ad un battente della sua porta, dopo che è stato ammazzato.
Renzo «inorridito a quelle parole» interviene per placare gli animi («assassinare un cristiano? Come volete che Dio ci dia del pane, se facciamo di queste atrocità? Ci manderà de’ fulmini e non del pane!»), ma la folla, con molta facilità, ingigantisce le sue parole e lo identifica come spia e addirittura in quanto il vicario stesso, travestito da contadino per poter fuggire.
Renzo riesce ad allontanarsi grazie alla confusione che si crea all’arrivo di coloro che portano una scala da utilizzare per entrare nella casa del vicario.
Capitolo 13 Promessi Sposi riassunto: arriva in carrozza il gran cancelliere Antonio Ferrer
Renzo è deciso a tornare indietro per raggiungere il convento di padre Bonaventura, ma è fermato dall’arrivo della carrozza del gran cancelliere Antonio Ferrer. Questi è apprezzato da gran parte della popolazione, che lo giudica sensibile ai problemi della povera gente, soprattutto da quando ha abbassato il prezzo del pane, fissando una «meta», ovvero un calmiere.
Ferrer affronta la folla, presentandosi ad essa con un atteggiamento fiducioso, senza essere scortato dalle guardie, senza tutti quegli onori e gli apparati che di solito accompagnano le autorità; dice che viene per condurre il vicario in prigione e Manzoni paragona la folla ad un cane rabbioso a cui si getta un osso per calmarlo.
Coloro che, come Renzo, non vogliono la morte del vicario («i partigiani della pace») aiutano in tutti i modi Ferrer, perché si faccia largo in carrozza, tra la folla, per giungere alla casa assediata. Ora, il progetto di uccidere il vicario è scemato; la folla, facilmente influenzabile, grida: «prigione, giustizia, Ferrer!».
Manzoni non approva Ferrer e ne evidenzia il doppio gioco: egli blandisce la gente con sorrisi e gentilezze, con slogan demagogici («pane» e «abbondanza») in lingua italiana, rettificando tra sé, in lingua spagnola, le incaute affermazioni pronunciate ad alta voce: fa credere alla gente che intende arrestare il vicario per dargli la giusta punizione, mentre in realtà vuol metterlo in salvo; garantisce «pane e giustizia», ma sa bene che non bastano parole e buone intenzioni per produrre farina.
Perfino il cocchiere Pedro sfoggia doti magistrali di ipocrisia: arrogante, presuntuoso, tutto intento nel suo compito di guidare la carrozza del gran cancelliere, non ha mai, prima d’ora, usato molti riguardi verso la gente che incautamente intralciasse il suo cammino. In questa circostanza, invece, è ben pronto ad adottare la tattica del sorriso, delle richieste gentili di spazio; persino la frusta è manovrata con garbo e delicatezza.
Renzo si prodiga per aprire un varco alla carrozza e viene gratificato dal magistrato con una serie di sorrisi benevoli, che conquistano l’ingenuo giovane, che si illude di essersi guadagnato così la gratitudine di un’importante personalità.
Capitolo 13 Promessi Sposi riassunto: Ferrer salva il vicario dalla folla
Ferrer, arrivato davanti alla porta del vicario di provvisione, si rincuora perché essa è «ancor chiusa», sebbene i «gangheri», cioè i cardini, siano già quasi completamente schiodati; stando ben dritto in piedi sul predellino, con un aspetto fiero, con la sua toga indosso, saluta con un inchino la folla esacerbata, mette la mano sinistra sul petto e grida: «pane e giustizia».
Ferrer, entrato nella casa, prende per mano il vicario, più morto che vivo per la paura. Il vicario, «come un bambino alla sottana della mamma», si stringe a Ferrer; insieme escono velocemente dalla casa e salgono in carrozza, mentre dalla folla arrivano applausi e imprecazioni.
La carrozza parte e, mentre il vicario si raggomitola nel fondo di essa, Ferrer continua a tenere calma la folla con i suoi sconnessi discorsi in italiano, mentre in lingua spagnola, a mezza voce, rassicura il vicario, spiegandogli che si tratta di un’astuzia per uscire illesi. Il vicario è finalmente in salvo: ora la carrozza riprende l’abituale andatura.
Pedro sembra risvegliarsi da un brutto sogno e ritorna quello di prima: arrogante e prepotente, non lesina la frusta e gli scocchi.
Il vicario sembra rinascere e dichiara di voler diventare un eremita, mentre la maggior preoccupazione di Ferrrer riguarda cosa diranno e faranno le autorità superiori.
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