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Promessi Sposi capitolo 17 Riassunto

Promessi Sposi capitolo 17 Riassunto dettagliato, analisi e commento degli avvenimenti, luoghi e personaggi del celebre romanzo di Alessandro Manzoni

Promessi Sposi capitolo 17 Riassunto: Renzo riprende il cammino verso il fiume Adda. Calata la notte, è quasi sopraffatto dal terrore quando sente l’acqua del fiume scorrere

Renzo si allontana spaventato e infuriato, imbastendo tra sé un comico soliloquio, nel quale commenta le accuse che ha sentito all’osteria e, esasperato, immagina di poterle ribattere: «io fare il diavolo! Io ammazzare tutti i signori! Un fascio di lettere, io». Prosegue in una vibrata autodifesa, quasi avesse di fronte a sé il mercante: «e quel gran fascio di lettere… eccolo qui… l’ha scritta un religioso… che, senza farvi torto, val più un pelo della sua barba che tutta la vostra». Pian piano, però, la rabbia sbollisce di fronte al problema di trovare l’Adda e guadarlo, per raggiungere il territorio veneto.

Lo stato d’animo di Renzo muta col cambiare del paesaggio. «Cammina, cammina», Renzo penetra in una sodaglia; scompare ogni segno di vita e la solitudine si fa più vasta e dolorosa: «la noia del viaggio veniva accresciuta dalla salvatichezza del luogo, da quel non vedere più né un gelso né una vite né altri segni di coltura umana, che prima pareva quasi che gli facessero una mezza compagnia».

Favolose immagini e antichi fantasmi, rimasti dall’infanzia sepolti nella memoria, risorgono a turbare Renzo, che per scacciare la paura irrazionale, cerca la difesa della Fede, ricorrendo alla preghiera per i morti.

Renzo entra nella boscaglia; dapprima avverte un senso di ribrezzo; poi la stanchezza; infine un disagio, che pian piano diventa timore. Quando sembra che la paura stia per prendere il sopravvento, ecco che avverte dapprima un rumore, poi un rumore più definito, poi quel rumore che tanto desidera sentire: l’acqua del fiume Adda che scorre. Per Renzo «nato e cresciuto alla seconda sorgente, per dir così, di quel fiume» (cap. 16), l’Adda è come una presenza familiare.

Scrive Alessandro Manzoni: «fu il ritrovamento d’un amico, d’un fratello, d’un salvatore».

Promessi Sposi capitolo 17 Riassunto: Renzo si rifugia in una capanna per la notte. Assistiamo alla redenzione morale e religiosa di Renzo

E’ notte e fa molto freddo, Renzo decide di aspettare il giorno in una capanna abbandonata. Ma questa notte non è fatta per dormire: è questa la grande notte della redenzione spirituale di Renzo. Essa si contrappone alla notte precedente, quella trascorsa nell’osteria della Luna Piena, una notte di sonno profondo e immemore, fatta soltanto per smaltire il vino bevuto.

Renzo riconosce in quel «po’ di paglia», su cui sta per sdraiarsi, un letto preparato dalla Provvidenza, e perciò s’inginocchia «a ringraziarla di quel benefizio, e di tutta l’assistenza che aveva avuta da essa, in quella terribile giornata»; dice poi «le sue solite divozioni», e chiede perdono a Dio «di non averle dette la sera avanti», anzi, precisa Manzoni, riferendo le parole del personaggio, «d’esser andato a dormire come un cane, e peggio».

Assistiamo alla redenzione morale e religiosa di Renzo, attraverso l’esame dei suoi rapporti con le persone amate (padre Cristoforo, Lucia e Agnese), un esame che si conclude nel pensiero fiducioso dell’abbandono alla volontà di Dio e nel riconoscimento di una doverosa espiazione, dovuto anche al pensiero per Lucia, che lo avvicina immediatamente a Dio: «quel che Dio vuole… quel che Dio vuole. Lui sa quel che fa: c’è anche per noi. Vada tutto in isconto de’ miei peccati. Lucia è tanto buona! Non vorrà poi farla patire un pezzo, un pezzo, un pezzo».

La rinascita spirituale di Renzo è commentata da alcune impressioni uditive e visive. Dapprima lo scoccare ad ogni mezz’ora, nel vasto silenzio della notte, dei tocchi del campanile del vicino paese di Trezzo. Quei rintocchi così maestosi e misteriosi nel silenzio, paiono esprimere la voce stessa della Provvidenza. C’è poi il paesaggio limpido del mattino, che sottolinea lo stato d’animo di Renzo: se la boscaglia incolta e selvaggia della notte si presentava contorta e spaventosa come le fantasie che si affacciavano alla sua mente, ora la serenità del giovane pare riflettersi nelle immagini del cielo limpido, delle nuvole che trascolorano in mille sfumature luminose, quasi presagio della salvezza vicina.

Promessi Sposi capitolo 17 Riassunto: Renzo giunge sulla riva del fiume e trova un pescatore che lo traghetta. Arrivato sulla riva bergamasca, vede anche qui i segni della carestia. Dopo aver pranzato in un’osteria dona i suoi ultimi denari ad una famiglia di poveri

Giunto sulla riva del fiume, Renzo trova un pescatore che lo traghetta. Agli occhi di questi, Renzo appare quello che non è: un contrabbandiere, oppure uno messo al bando dal ducato. La traversata si compie senza pericoli e Renzo è in terra San Marco. «Sta lì, maledetto paese», è la sua prima reazione, guardando in direzione di quel ducato di Milano che l’ha fatto tanto patire. Ma poi ripensa alle persone care che sono rimaste sull’altra riva dell’Adda e sospira. Così quel primo impulso di rivalsa per essere scampato ad una ingiusta persecuzione, si trasforma in mestizia, in rassegnazione: «ah mondo birbone! Basta; quel che Dio vuole».

Senza timore e con disinvoltura, Renzo chiede indicazioni per arrivare a Bergamo. Sulla strada incontra molti poveri, la loro vista lo commuove e così, uscito da un’osteria dove si è sfamato, regala gli ultimi denari ad una famiglia di poveri. Il gesto rivela la sua generosità e ribadisce la sua volontà di affidarsi totalmente alla Provvidenza, di cui ora si sente uno strumento.

Promessi Sposi capitolo 17 Riassunto: Renzo arriva alla casa del cugino Bortolo

Renzo pensa ai suoi prossimi progetti di vita con maggior fiducia e intanto arriva alla casa di Bortolo. Questi lo accoglie a braccia aperte; ricorda con affetto Lucia; non nasconde a Renzo la difficoltà economica del momento, ma generosamente è pronto a spartire quello che ha ed è orgoglioso dei risultati ottenuti con il suo lavoro: «l’ho detto io della Provvidenza», esclama Renzo riconoscente.

Bortolo assicura il cugino che lo presenterà come lavorante al suo padrone, ed è certo che lo assumerà, perché «gli operai sa tenerli di conto». Però lo avverte che dovrà adattarsi a uno spiacevole soprannome: «ci chiaman baggiani» lo avverte. Non c’è malanimo nei bergamaschi: è solamente un’usanza, anche se l’aggettivo, tradotto nell’italiano di oggi, suonerebbe come “tonto”, “sciocco”, “semplicione”.

Il narratore, dopo averci assicurato che il giovane ha trovato una sistemazione sicura («tutto in fatti andò bene, e tanto a seconda delle promesse di Bortolo»), con una breve prolessi, lascia intuire che al paese le cose si stanno mettendo male per Renzo.

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