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Promessi Sposi capitolo 24 Riassunto

Promessi Sposi capitolo 24 Riassunto dettagliato, analisi e commento degli avvenimenti, luoghi e personaggi del celebre romanzo di Alessandro Manzoni

Promessi Sposi capitolo 24 Riassunto: Lucia viene liberata; assieme a don Abbondio e alla moglie del sarto lascia il castello

Lucia, svegliandosi, è in uno stato di affannosa perplessità. Accanto a lei sta la vecchia serva dell’Innominato che, «con quella voce forzatamente umile» e con il suo atteggiamento pigro e stizzoso, continua a parlare di dormire e mangiare, finché, sopraggiunto l’Innominato, non viene mandata «in una parte lontana del castellaccio».

Si profila, ora, il gesto della moglie del sarto, che si avvicina e si china sopra Lucia e le parla «guardandola pietosamente, prendendole le mani, come per accarezzarla e alzarla a un tempo».

Anche don Abbondio fa sentire la sua voce, in cui si avverte: la coscienza dell’eroico sacrificio compiuto («son proprio il vostro curato, venuto qui apposta, a cavallo…»); la trepida ansia di non indisporre il terribile signore («… è qui fuori che aspetta. Andiamo presto; non lo facciamo aspettare, un par suo»); l’impazienza di lasciare al più presto il castello («si può dir di più? Via, su quella testa; non fate la bambina; che possiamo andar presto»).

Intanto, l’Innominato, che ha visto sul volto di Lucia il «subitaneo ribrezzo» al suo apparire e lo stringersi di lei alla «buona donna», nascondendole il «viso in seno», rimane «fermo, quasi sull’uscio», «immobile e muto» e non può che esclamare «perdonatemi!»: è per l’Innominato un atto di umiliazione, ma è anche una parola di liberazione.

Lucia lascia il castello accompagnata da don Abbondio, dalla moglie del sarto e dall’Innominato. La moglie del sarto racconta a Lucia, con molto tatto, gli eventi straordinari di quella giornata. Allora, la fanciulla, ricordando «quel viso che aveva veduto burbero, poi commosso, poi umiliato», comprende l’importanza che hanno avuto le sue parole e i suoi atteggiamenti nel processo di redenzione dell’Innominato e una profonda emozione le riempie l’animo.

La tensione finalmente allentata fa cadere Lucia in uno stato di semi assopimento, in cui, ancora incredula, assapora la gioia della liberazione, mentre la compagna rispetta il suo riposo. Questa, infatti, scelta in quanto «donna di cuore e di testa» fra le altre donne del villaggio e «compresa d’una pietà rispettosa per Lucia, sentendo in certo modo la gravità e la dignità dell’incarico che le era stato affidato» sa ben reprimere la curiosità di conoscere tutti i retroscena della storia.

Promessi Sposi capitolo 24 Riassunto: il pavido don Abbondio giunto in paese frettolosamente si rimette in cammino per far ritorno alla sua canonica

Don Abbondio, intanto, si abbandona ad un altro dei suoi soliloqui e il suo ideale di quieto vivere viene sottoposto a tutta una serie di durissimi colpi: il tracollare durante il viaggio, nei punti più ripidi, a dorso di una mula; il timore che la notizia della conversione si sia potuta spargere per la valle e che proprio a lui ne possa venir attribuita la responsabilità; il pensiero di don Rodrigo, il quale dovrà pur sfogare contro qualcuno il veleno dello scacco subito: per questo rischio l’unica via di scampo gli sembra quella di raccontare tutto a Perpetua e aspettare che lei, spettegolando con la gente, faccia arrivare la notizia a don Rodrigo. Un altro pericolo è poi costituito dal cardinale, che potrebbe voler sapere tutta la storia «dell’affare del matrimonio».

La comitiva, ora, è giunta al paese. Don Abbondio, appena smontato, fa «i più sviscerati complimenti» all’Innominato, lascia le scuse per monsignore («ché lui doveva tornare alla parrocchia addirittura, per affari urgenti»), va «a cercare quel che chiamava il suo cavallo, cioè il bastone che aveva lasciato in un cantuccio del salotto» e si incammina alla volta della propria tranquilla canonica.

Promessi Sposi capitolo 24 Riassunto: Lucia è ospitata nella casa del sarto; per un breve attimo si pente del voto fatto, ma subito dopo lo riconferma. Descrizione del sarto e della sua famigliola. Giunge Agnese

Mentre l’Innominato attende fuori di chiesa il cardinale Federigo, Lucia trova ospitalità a casa della moglie del sarto. Qui, la ragazza vi trova un pasto caldo e amorevole conforto e Lucia sente, a poco a poco, ritornare la gioia di vivere e il desiderio di trovare un aspetto ordinato; così mentre ricompone gli abiti sgualciti e ripiega lo scialle intorno al petto, le sue dita incontrano la corona del rosario che si era posta sul collo: la prima e più istintiva reazione è di panico. Eppure Lucia sa con prontezza dominare l’agitazione e comprendere la tremenda ingratitudine di cui si macchierebbe, rinnegando un voto che pure ha fatto di cuore e che la Vergine ha mostrato di gradire, a giudicare dalla sollecita liberazione. Immediatamente pentita del suo scoraggiamento, più viva e più profonda diventa la sua preghiera, in cui si mescolano sentimenti contrastanti: gratitudine per la Provvidenza che non l’ha abbandonata, rincrescimento per le sue speranze di sposa sfumate, nostalgia per Renzo a cui vuol bene. Tuttavia, sono così ferree la sua volontà e la sua coerente adesione a un codice morale, che ella non può che rinnovare il voto senza tentennamenti o dubbio alcuno, ricorrendo alla preghiera, anzi al «combattimento», per uscirne «come il vincitore stanco e ferito, di sopra il nemico abbattuto: non dico ucciso».

A riscuoterla dalle sue riflessioni interviene l’allegro vociare del resto della famiglia, due fanciulle e un bimbetto, di ritorno col papà dalla sacra funzione.

Il sarto potrebbe essere considerato il dotto del villaggio, per i suoi interessi letterari che lo fanno passare «in quelle parti, per un uomo di talento e di scienza». Infatti, il suo svago preferito è la lettura del Leggendario de’ Santi, del Guerrin meschino e dei Reali di Francia: opere di scarsa profondità e modesto impegno, ma al buon sarto paiono di alto livello.

Il sarto appare subito un uomo gentile e generoso, al pari della moglie; affabile e sincero verso il prossimo. Lo dimostra l’accoglienza festosa e l’entusiasmo che sprizza da ogni sua parola: «ben venuta, ben venuta! Siete la benedizione del cielo in questa casa. Come son contento di vedervi qui!». La vicenda di Lucia, poi, è per lui addirittura miracolosa. Infatti ribadisce: «ma son contento di vedervi qui. Povera giovine! Ma è però una gran cosa d’aver ricevuto un miracolo!».

Il sarto ha un animo nobile e generoso; si considera un privilegiato per il fatto di starsene seduto a tavola davanti a un bel cappone, ma subito si ricorda di chi soffre e cerca, nel suo piccolo, di rimediare. Chiede, infatti, alla figlia maggiore di portare una parte del cibo che è in tavola, ad una vedova del vicinato e ai suoi figliuoli, raccomandandole di essere discreta e di non vantarsi con nessuno della buona azione.

Lucia si commuove di fronte alla bontà del sarto e il suo animo, ancora in subbuglio per via del voto, si conforta. Ma altre nuove emozioni l’attendono.

Giunge il curato del paese per annunciare l’arrivo di Agnese, di lì a poco: un’altra dimostrazione per Lucia che la Vergine ha ascoltato quella sua disperata invocazione: «fatemi tornar salva con mia madre». Infatti Agnese è in viaggio e strada facendo incontra don Abbondio, di ritorno dalla «missione» al castello dell’Innominato.
Il curato vorrebbe istruire la donna sul giusto comportamento da tenere nel caso in cui il cardinale Federigo andasse a fondo sulle cause che hanno portato al rapimento di Lucia e volesse indagare sul motivo del matrimonio mancato. Agnese, però, comprendendo il fine un po’ subdolo delle premure del sacerdote, «l’aveva piantato, senza promettergli, anzi senza risolver nulla».

Finalmente madre e figlia sono una nelle braccia dell’altra e Lucia racconta ad Agnese le dolorose peripezie. La ragazza, però, non osa ancora rivelarle il voto pronunciato la sera prima.

Promessi Sposi capitolo 24 Riassunto: il cardinale Federigo si reca alla casa del sarto per conoscere Lucia e ascoltare da lei i particolari della storia. Lucia racconta tutta la verità sul matrimonio a sorpresa. Il cardinale promette di occuparsi anche della sorte di Renzo

Nel frattempo il cardinale si sta recando alla casa del sarto, per conoscere Lucia e ascoltare da lei i particolari della storia. Agnese accusa don Abbondio di non aver fatto il suo dovere, ma tralascia di riferire del tentativo del matrimonio segreto. Interviene, allora, Lucia che, incurante delle occhiatacce della madre, racconta tutta la verità sul matrimonio a sorpresa ai danni di don Abbondio. Il cardinale promette di occuparsi anche della sorte di Renzo e si appunta il nome sull’agendina che porta sempre con sé; da ultimo vuole ringraziare il padrone di casa.

Il sarto, che se ne sta in disparte, concentrato alla ricerca di una bella frase per commemorare l’onore immenso ricevuto dal cardinale, rimane disorientato; tutte le facoltà sono come congelate dall’emozione e lo sforzo gli si dipinge sul viso: «raggrinzò la fronte, torse gli occhi di traverso, strinse le labbra, tese a tutta forza l’arco dell’intelletto, cercò, frugò». Ma da tutta questa mimica comicissima sprigiona un insignificante «si figuri!».

Il generoso Federigo, prima di concludere la visita pastorale, studia con il curato del villaggio il modo in cui ricompensare il sarto per la gentile ospitalità offerta a Lucia, senza mortificarlo. Decide allora di pagargli i crediti contratti con i compaesani e farsi carico degli abiti che i più bisognosi potranno confezionarsi presso di lui.

Promessi Sposi capitolo 24 Riassunto: l’Innominato ritorna al castello, raduna i suoi bravi e propone loro di cambiare vita assieme a lui, altrimenti lascino il castello. Nella sua stanza recita le preghiere ritrovate nella memoria e si addormenta

Il capitolo 24 si chiude con il resoconto del ritorno dell’Innominato al castello. Egli raccoglie i bravi nella sala grande del castello: il piglio deciso e il tono di comando, pur addolciti da parole inusuali («figliuoli») non sono indeboliti e il suo carisma risulta ravvivato dalla nuova forza interiore. Comunica ai bravi la sua conversione e la decisione di abbandonare ogni opera malvagia. Chi fra loro vorrà a sua volta mutare vita potrà rimanere al suo servizio, gli altri dovranno lasciare il castello: i bravi non osano nemmeno pensare di ribellarsi, vedendolo piuttosto sotto la nuova luce del santo «con la testa alta, e con la spada in pugno». Così lo ascoltano in silenzio, sbalorditi ed incerti, poi si disperdono.

L’Innominato va nella sua stanza; la pace ritrovata gli concede finalmente un santo riposo, dopo aver richiamate alla memoria le preghiere dimenticate.

Il capitolo 24 termina con un intervento diretto del narratore, che riconosce all’Anonimo il merito di aver raccontato, in relazione alla vicenda della conversione dell’Innominato, tanti particolari di cui nelle opere del Ripamonti e del Rivola, due storici del tempo, non esiste traccia.

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