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Promessi Sposi capitolo 38 Riassunto

Promessi Sposi capitolo 38 Riassunto dettagliato, analisi e commento degli avvenimenti, luoghi e personaggi del celebre romanzo di Alessandro Manzoni

Promessi Sposi capitolo 38 Riassunto: Lucia ritorna al paesello natio accompagnata dalla mercantessa

Il capitolo 38 del romanzo I Promessi Sposi inizia con il ritorno di Lucia al paesello natio, accompagnata dalla buona mercantessa: Manzoni non si dilunga sulla gioia e la commozione di madre e figlia che da molti mesi non si vedono.

La mattina seguente, Renzo, ignaro dell’arrivo della sua promessa, va da Agnese per ottenere notizie sulla figlia e… la trova lì! I due giovani si salutano con un certo contegno, ma entrambi sono consapevoli di quali sentimenti si celino in realtà nel cuore dell’altro.

Lucia informa Renzo della morte di fra Cristoforo e lo esorta a pregare per l’anima di questi.

Promessi Sposi capitolo 38 Riassunto: Don Abbondio tentenna ancora a celebrare le nozze; si convince soltanto quando Renzo porta la notizia della morte di don Rodrigo e dell’arrivo del nuovo marchese

Renzo corre da don Abbondio per organizzare finalmente le nozze. Il giovane chiede al curato di unirli in matrimonio al più presto e don Abbondio, seppur non rifiutando apertamente, inizia a tergiversare, ad accampare altre scuse e a insinuare altre difficoltà («e perché mettersi in piazza, e far gridare il suo nome, con quella cattura addosso? E che la cosa potrebbe farsi ugualmente altrove»). Renzo, allora, cerca di spronarlo, dicendogli di aver visto don Rodrigo in fin di vita al lazzaretto, ma invano, perché – obietta il curato – se egli stesso (un uomo anziano) è guarito dalla peste, chi dice che la stessa cosa non sia accaduta a don Rodrigo, un uomo giovane e robusto?

Così Renzo, spazientito, torna dalle tre donne e le informa che don Abbondio non sembra cambiato e che forse è meglio seguire il suo consiglio e andarsi a maritare nel luogo dove andranno ad abitare. La mercantessa lo rassicura che dopo pranzo andranno loro donne a parlare con don Abbondio e proveranno a convincerlo. Ma il curato anche con loro usa come scusa la cattura che grava sullo sposo e consiglia nuovamente di andarsi a sposare altrove. Le donne ribattono, ma invano.

Entra di nuovo in scena Renzo, che annuncia l’arrivo del nuovo marchese al castello, in veste di successore di don Rodrigo: ciò conferma che il signorotto è morto. Don Abbondio è ancora diffidente, finché Ambrogio, il sagrestano, interviene a confermare il tutto.

Di botto don Abbondio diviene generoso e amorevole: «se volete che vi mariti io, son qui», afferma gentile e premuroso, aggiungendo, riguardo al mandato di cattura per Renzo che sembrava dargli tanta preoccupazione, che ormai il giovane può stare tranquillo: gli viene infatti alla mente che il re Filippo IV ha emanato un’amnistia in occasione della nascita del figlio. «E poi la peste! La peste!» ricorda tutto contento. La peste ha cambiato tante cose, ha appianato tutti i contrasti. I due giovani potranno sposarsi fra pochi giorni e dargli «la consolazione» di essere lui a celebrare il sacramento, dandone notizia anche al cardinale Federigo Borromeo.

Il giorno dopo viene in visita da don Abbondio il marchese, erede di don Rodrigo. Gli è morta tutta la famiglia di peste e ora si trova in possesso di tre considerevoli eredità, per cui vorrebbe in qualche modo riparare al male fatto da don Rodrigo.

Don Abbondio gli suggerisce di acquistare la casa e la terra che gli sposi venderebbero per trasferirsi altrove. Il marchese chiede al curato di accompagnarlo a casa di Lucia, dove certamente troveranno anche Renzo, per comunicare la cosa ai due giovani. Strada facendo don Abbondio ottiene ancora un’altra grossa cortesia: il marchese si occuperà del bando di Renzo e provvederà a farlo levare.

È davvero tanto lo stupore delle tre donne e del promesso sposo nel ricevere un tale ospite e la loro incredulità nel conoscere il motivo della visita, tanto più che don Abbondio, nel proporre la cifra al marchese, alza un pochino il prezzo: e il gentiluomo «come se avesse frainteso, ripeté il doppio; non volle sentir rettificazioni, e troncò e concluse ogni discorso invitando la compagnia a desinare per il giorno dopo le nozze» al suo palazzo, dove si stenderà regolare contratto di compravendita.

Promessi Sposi capitolo 38 Riassunto: le nozze di Renzo e Lucia

Il matrimonio viene celebrato così come il pranzo al palazzo del marchese, che aiuta persino gli sposi, Agnese e la mercantessa a servirsi. Però il marchese non si mescola agli ospiti e preferisce desinare con il parroco in una stanza a parte.

Riguardo il personaggio del marchese, Alessandro Manzoni osserva che, pur essendo un uomo retto e cordiale, non è certamente «un originale»: mai si metterebbe alla pari con dei contadini, contravvenendo al comportamento dei nobili del suo tempo.

La famiglia Tramaglino, tra saluti e lacrime, si separa dalla mercantessa, dal paese nativo e da don Abbondio, che, in fondo, ha sempre voluto bene ai due giovani: «son que’ benedetti affari, che imbroglian gli affetti», dice Manzoni sorridendo.

Promessi Sposi capitolo 38 Riassunto: Renzo, Lucia e Agnese si trasferiscono nel bergamasco, ma a Renzo risultano insopportabili i commenti dei paesani su Lucia

Renzo arriva a Bergamo con un bel gruzzolo di denaro, che non sa come investire: comperare campi o rilevare qualche filatoio? Prima però deve affrontare qualche piccolo problema sorto inaspettatamente proprio a causa di Lucia, che è attesa dai compaesani con viva curiosità. Infatti, le vicende trascorse, la fedeltà e l’attaccamento di Renzo hanno creato un’immagine un po’ falsa di lei e aspettative piuttosto esagerate sulla sua bellezza: si crede, insomma, che la ragazza debba avere «i capelli proprio d’oro, e le gote proprio di rosa, e due occhi l’uno più bello dell’altro». Così Lucia delude enormemente al punto che vengono rilevati di lei, piuttosto i difetti che non i pregi, fino a trovarla persino brutta.

I pettegolezzi giungono all’orecchio di Renzo che reagisce in maniera sgradevole: «a forza d’esser disgustato, era ormai diventato disgustoso» e antipatico a tutti.

Promessi sposi capitolo 38 Riassunto: Renzo acquista un filatoio alle porte di Bergamo e la famiglia vi si trasferisce. Inizia una vita serena

Per fortuna gli si presenta l’occasione di rilevare a poco prezzo, insieme con il cugino Bortolo, un filatoio in un’altra zona, quasi alle porte di Bergamo: lì nessuno conosce la storia di Lucia.

D’ora in avanti la vita degli sposi e di Agnese prosegue in modo sereno e di problemi gravi non se ne presenteranno più: prima che passi un anno dal matrimonio nasce una bambina, alla quale viene messo il nome Maria, come Renzo aveva promesso; poi nascono altri «cattivacci», come li chiama Agnese. Tutti, per volere del padre, imparano a leggere e a scrivere.

Promessi Sposi capitolo 38 Riassunto: il “sugo” della storia

Renzo ama raccontare ai suoi bambini «le gran cose» che ha imparato, dalle quali ne è uscito maturato, gli hanno permesso una crescita interiore e donato saggezza: ha fatto tesoro delle sue esperienze negative a Milano, durante i tumulti; nell’osteria della Luna piena; durante le peripezie alla ricerca di Lucia; al lazzaretto. Lucia, però, aggiunge che non basta comportarsi bene per tenere lontani i guai. Lei, infatti, non ha commesso nulla di male: sono i guai che hanno cercato lei.

«Dopo un lungo dibattere e cercare insieme» i due sposi giungono alla conclusione che l’uomo deve affrontare le difficoltà che la vita gli presenta fiducioso che Dio le saprà rendere utili per una vita migliore, perché ogni avvenimento rientra nel disegno della Provvidenza, volto sempre al bene.

Renzo e Lucia ci rivelano, dunque, il loro segreto per costruire una vita giusta: la fiducia in Dio associata all’incrollabile sicurezza che la Provvidenza guida le azioni degli uomini. «Questa conclusione» «da povera gente» è, secondo il narratore, «così giusta» da rappresentare «il sugo di tutta la storia», la quale, conclude Manzoni, «se non v’è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l’ha scritta, e anche un pochino a chi l’ha raccomodata. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s’è fatto apposta».

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