Riassunto capitolo 5 Promessi Sposi e commento. Di cosa parla il capitolo 5 dei Promessi Sposi? In breve: nella scena iniziale Fra Cristoforo, dopo il racconto di Agnese e un’attenta riflessione sul da farsi, si oppone in tono vibrato a Renzo, che vorrebbe farsi giustizia da sé. Il frate invita i suoi protetti a confidare nell’aiuto di Dio, ma anche ad affidarsi alla sua guida.
La seconda sequenza è dedicata alla descrizione del palazzotto di don Rodrigo, delle casupole e degli abitanti posti sotto il suo diretto dominio. La terza e più ampia parte del capitolo 5 Promessi Sposi si svolge nella sala del banchetto. Il frate vorrebbe attendere in disparte di essere ricevuto da don Rodrigo, ma il conte Attilio, amante delle provocazioni, lo invita, quasi come una sfida, nella cerchia dei commensali.
Ora che conosci gli argomenti trattati nel capitolo 5 dei Promessi Sposi, leggi il riassunto del capitolo 5.
Riassunto capitolo 5 Promessi Sposi: Padre Cristoforo, a casa di Lucia e Agnese, medita sul da farsi e rimprovera Renzo per i suoi propositi di vendetta
Padre Cristoforo è arrivato a casa di Lucia e Agnese e con un solo sguardo capisce che qualcosa di grave è successo: lo conferma la dolorosa relazione di Agnese. Sdegnato, soppesa diverse ipotesi: mettere vergogna o paura a don Abbondio; informare l’arcivescovo; tirare dalla sua i confratelli di Milano. Infine, decide di affrontare egli stesso don Rodrigo per tentare di smuoverlo dal suo infame proposito: con le preghiere, con i terrori dell’altra vita, anche di questa, se possibile.
Nel frattempo arriva Renzo che, prima commosso e poi infuriato, indirettamente esprime il suo progetto di vendetta. Padre Cristoforo, però, lo ammonisce e gli fa promettere di confidare in Dio, di lasciarsi guidare da lui.
Riassunto Promessi Sposi capitolo 5: descrizione del villaggio e del palazzotto di don Rodrigo
Padre Cristoforo, dopo essere ritornato al convento per recitare l’ora sesta, subito si rimette in cammino verso il palazzotto di don Rodrigo, «il covile della fiera». Il covile è il palazzotto e la fiera è don Rodrigo, che, pur nella sua assenza, è stato presente sulla scena fin dai primi capitoli, come una forza maligna e odiosa.
Non un cenno per descrivere l’aspetto o l’abito, il carattere o la vita di don Rodrigo. Sembra quasi che Manzoni si rifiuti di considerarlo un essere umano. Egli è definito con quella parola: «la fiera». E non essa, ma il suo «covile» sarà oggetto di descrizione.
Il «mucchietto di casupole» dei contadini è ben diverso dal villaggio di Renzo («si vedevano attaccati al muro schioppi, tromboni, zappe, rastrelli, cappelli di paglia, reticelle e fiaschetti da polvere, alla rinfusa»); così, la gente che si muove fra quelle case non ha nulla in comune con la gente che fra Cristoforo ha contemplato al mattino (Promessi Sposi capitolo 4 Riassunto), mentre si dirigeva verso la casa di Lucia («gli omacci tarchiati e arcigni», i vecchi sempre pronti «a digrignare le gengive», le donne «con certe facce maschie, e con certe braccia nerborute», i fanciulli, i cui gesti rivelano «un non so che di petulante e di provocativo»).
Un senso di violenza in agguato spira anche dal palazzotto, di cui viene descritta soltanto la facciata: le «rade e piccole finestre», «chiuse da imposte sconnesse e consunte dagli anni», «difese da grosse inferriate» e il portone chiuso, con inchiodati sui battenti due «grand’avoltoi, con l’ali spalancate, e co’ teschi penzoloni». A destra e a sinistra del portone chiuso stanno due panche sulle quali vi stanno sdraiati due bravi, che, come cani da guardia, aspettano di gettarsi sui resti della cena del signore.
In questo ambiente c’è tutto don Rodrigo, la sua psicologia, la sua volontà di fare il tiranno. Don Rodrigo è l’unico, fra i personaggi di spicco del romanzo, a risultare completamente malvagio. Mai un ripensamento, un pentimento, un’incertezza, un attimo di commozione o di rammarico! Sembra che nemmeno abbia consapevolezza del fatto che la futile scommessa col cugino, il suo sciocco puntiglio sconvolgano l’esistenza di tante persone: un cattivo integrale, insomma, il cui destino pare legato a quello di padre Cristoforo dalla stessa forza che attrae i poli opposti. La coerenza nel bene del frate, infatti, costituisce l’esatto contrappunto alla coerenza nel male del “tirannello”.
Riassunto capitolo 5 Promessi Sposi: Padre Cristoforo arriva al palazzotto di don Rodrigo
Padre Cristoforo, arrivato al palazzotto di don Rodrigo, è accompagnato da un vecchio servitore nella sala da pranzo, dove, tra il frastuono di stoviglie e di voci che si incrociano, siedono i commensali: don Rodrigo, suo cugino Attilio, il podestà del paese, il dottor Azzeccagarbugli e altri due convitati.
Il conte Attilio e il podestà stanno discutendo di una questione di cavalleria. Poi il discorso passa alla guerra tra Francia e Spagna per il controllo del ducato di Milano e del Monferrato, e infine clamori e grida si fanno generali quando viene toccato il tasto dolente: la carestia che serpeggia nel ducato di Milano e che fa già sentire i suoi effetti nella penuria di pane. Tutti i commensali sono concordi nell’attribuire alla disonestà dei fornai, che incettano grano, la causa principale della carestia. Attilio addirittura, con l’impulsività e la violenza che si manifesta nel corso di tutta la conversazione, vorrebbe dar loro una punizione esemplare: «giustizia sommaria. Pigliarne tre o quattro o cinque o sei, di quelli che, per voce pubblica, son conosciuti come i più ricchi e i più cani, e impiccarli».
Don Rodrigo, infine, si accorge che padre Cristoforo attende impassibile di parlargli: poiché la seccatura non si può evitare, don Rodrigo si alza da tavola e conduce il frate in un’altra stanza.
Questo articolo è tratto dall’ebook “Guida ai Promessi Sposi” in vendita su | |