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Riassunto capitolo 6 Promessi Sposi

Riassunto capitolo 6 Promessi Sposi: fasi salienti, analisi e commento degli avvenimenti, luoghi e personaggi del celebre romanzo di Alessandro Manzoni.

Riassunto capitolo 6 Promessi Sposi: colloquio tra don Rodrigo e padre Cristoforo

Il capitolo 6 si apre con il colloquio tra don Rodrigo e padre Cristoforo. È un vero e proprio duello di parole, nel quale sembra che riviva qualcosa dell’antico duello di Lodovico (Promessi Sposi capitolo 4 Riassunto).

Don Rodrigo, che già durante il banchetto non aveva risparmiato le sue stoccate a fra Cristoforo («…eh via! Sappiam bene che lei non è venuto al mondo col cappuccio in capo e che il mondo l’ha conosciuto…» e ancora «…dica, dica, se non ha fatta la sua carovana?») ora «piantandosi in piedi nel mezzo della sala», appare simile a uno spadaccino che estragga l’arma dal fodero e si metta in posizione contro l’avversario.

Se le prime parole di don Rodrigo («in che posso ubbidirla?») sono arroganti solo nel tono e non ancora nel contenuto, le altre diventano subito aggressive anche nel contenuto. Queste interrompono «bruscamente» e con «istizza» il frate; ne feriscono il carattere sacerdotale, tirando in campo la confessione («lei mi parlerà della mia coscienza, quando verrò a confessarmi da lei») e parlando di predica («Sa lei che, quando mi viene lo schiribizzo di sentire una predica, so benissimo andare in chiesa, come fanno gli altri?»); colpiscono la sua dignità di uomo, trattandolo da spia («… uno che ardisse di venire a farmi la spia in casa»); investono la sua figura morale con un’allusione offensiva («ci deve essere qualche fanciulla che le preme molto»); trafiggono infine il suo cuore («ebbene… giacché lei crede ch’io possa far molto per questa persona… ebbene, la consigli di venire a mettersi sotto la mia protezione»).

Di fronte a lui fra Cristoforo sta sulle difensive, in atteggiamento di «guardinga umiltà» (così come l’antico Lodovico davanti al prepotente signore «mirava piuttosto a scansare i colpi, e a disarmare il nemico, che ad ucciderlo»): eppure il frate è tutt’altro che un combattente disarmato.

Manzoni, però, evita di presentarlo fin dal primo istante in posizione battagliera: «sta sospeso, cercando le parole, e facendo scorrere tra le dita le Ave Maria della corona che teneva a cintola, come se in qualcheduna di quelle sperasse di trovare il suo esordio». Ma poi, di fronte «a quel fare di don Rodrigo, si sentì subito venir sulle labbra più parole del bisogno». Tuttavia, fra Cristoforo modera il proprio impeto («temperò le frasi che gli si eran presentate alla mente»), ma non può evitare che qualche tiro gli sfugga involontariamente («Lo può; e potendolo… la coscienza, l’onore…»).

Subito si riprende e, con una rinnovata volontà di subire i colpi dell’avversario («s’impegnò tanto più alla sofferenza»), risponde «con un tono sommesso» scusandosi delle parole dette («mi corregga pure, mi riprenda, se non so parlare come si conviene»). E quando sarà più duramente assalito e si sentirà «venir le fiamme sul viso», saprà ancora sopportare e difendersi dall’accusa di viltà («lei sente in cuor suo, che il passo ch’io fo ora qui, non è né vile né spregevole»).

Anche il gesto di pararsi dinanzi a don Rodrigo, protendendo le mani verso di lui, perché fa atto di andarsene, è ancora un gesto temperato da un’ansia supplichevole («come per supplicare»). Però, alla proposta di don Rodrigo di far venire Lucia a mettersi sotto la sua protezione, la scena cambia e il duello prende un andamento diverso.

Fino a questo punto fra Cristoforo ha sopportato, limitandosi alla sola difesa. Ora lo sdegno del frate irrompe («A siffatta proposta, l’indegnazione del frate, rattenuta a stento fin allora, traboccò»). Anche fra Cristoforo, come don Rodrigo all’inizio del capitolo, si mette in posizione di battaglia, «dando indietro due passi, postandosi fieramente sul piede destro, mettendo la destra sull’anca, alzando la sinistra con l’indice teso verso don Rodrigo, e piantandogli in faccia due occhi infiammati» e lancia parole di sfida: «avete colmata la misura, e non vi temo più».

Di fronte all’insensibilità di don Rodrigo, fra Cristoforo invoca l’intervento di Dio, in quanto giudice di tutti gli uomini («quel Dio al cui cospetto dobbiam tutti comparire”) e protettore degli innocenti (“Dio ha sempre gli occhi sopra di loro… le loro grida, i loro gemiti sono ascoltati lassù»). Fra Cristoforo si situa tra Dio e don Rodrigo («Dio le usa ora un tratto di misericordia, mandando un suo ministro») e quindi tra Dio e Renzo e Lucia («son due anime che, l’una e l’altra, mi premon più del mio sangue»).

Ora Lucia non ha più bisogno della giustizia degli uomini, perché sicura sotto la protezione di Dio: «Lucia è sicura da voi». Infine, fra Cristoforo prorompe in un’invettiva che culmina in una minacciosa predizione: «verrà un giorno…». Don Rodrigo sente aggiungersi alla rabbia un sentimento d’inquietudine per «un lontano e misterioso spavento». Scaccia, con fare presuntuoso e superbo, il frate e rimane «a misurare a passi infuriati, il campo di battaglia».

Riassunto capitolo 6 Promessi Sposi: il vecchio servitore promette il suo aiuto a padre Cristoforo

Padre Cristoforo non è riuscito nel suo intento. Sembrerebbe, quindi, tutto perduto. Se non che ecco apparire in scena una nuova figura, uno di quei personaggi minori a cui di solito non si fa caso: è un vecchio servitore che il signorotto mantiene in servizio grazie alla sua notevole esperienza di cerimoniale, indispensabile per allestire banchetti e feste. Il vecchio servitore non approva l’andazzo della casa e la condotta del padrone, subisce i delinquenti con cui deve mescolarsi. Ha origliato dietro la porta e udito ogni cosa: convinto che si stia architettando qualcosa di losco, probabilmente ai danni della povera Lucia, promette che starà all’erta e informerà padre Cristoforo non appena possibile. Il Capuccino si rincuora: «gli pareva che il cielo gli avesse dato un segno visibile della sua protezione. – Ecco un filo, pensava, un filo che la Provvidenza mi mette nelle mani. E in quella casa medesima! E senza ch’io sognassi neppure di cercarlo!».

Padre Cristoforo, confortato, si affretta verso la casa di Lucia, per comunicare l’esito della sua impresa e per poter rientrare in convento prima di notte.

Riassunto capitolo 6 Promessi Sposi: Agnese propone a Renzo e Lucia il matrimonio clandestino

Intanto, nella casa di Lucia e Agnese, dove si trova anche Renzo, dopo essere stati per qualche tempo in silenzio, Agnese, seduta all’aspo che fa girare (e in questo girare sembra riflettersi il mulinare del suo pensiero), parla come da una cattedra, esortando ad «avere cuore e destrezza», ad avere fiducia in lei, impegnandosi a risolvere ogni cosa «meglio forse, e più presto del padre Cristoforo, quantunque sia quell’uomo che è».

Con pittoresca vivacità, Agnese propone il matrimonio clandestino o di sorpresa, che, come emerge dalla discussione, a quel tempo era ritenuto valido legalmente, sebbene illecito dal punto di vista morale: per fare un matrimonio ci vuole sì il curato, ma non è necessario che egli voglia. Agnese esprime il proprio disappunto e la propria suscettibilità all’incredulo esitare di Lucia e Renzo («Come!… state a vedere che, in trent’anni che ho passati in questo mondo, prima che nasceste voi altri, non avrò imparato nulla»; «… credete ch’io dica fandonie. Io m’affanno per voi, e non sono creduta: bene bene; cavatevi d’impiccio come potete: io me ne lavo le mani»).

Lucia è perplessa, vorrebbe il parere di padre Cristoforo; Renzo, invece, predispone un piano e si reca dall’amico Tonio per proporgli di fare da testimone.

Riassunto capitolo 6 Promessi Sposi: Renzo si reca a casa dell’amico Tonio e con questi va all’osteria

La scena si sposta nella modesta abitazione di Tonio, che sta approntando per cena una polenta proporzionata alla scarsità del raccolto, non all’appetito dei familiari. Renzo invita Tonio all’osteria. Giuntovi, in una perfetta solitudine dovuta alla miseria generale, gli propone uno scambio di favori: Tonio gli farà da testimone nel matrimonio clandestino e lui gli darà i soldi necessari per saldare un debito contratto con don Abbondio. L’altro testimone sarà Gervaso, il fratello sempliciotto di Tonio.

Riassunto capitolo 6 Promessi Sposi: Lucia è contraria al matrimonio clandestino

Renzo torna alla casa delle due donne, tutto trionfante, a fare il suo rapporto. Agnese gli fa presente un grosso ostacolo al progetto, Perpetua, ma si offre di occuparsene, distraendola con le chiacchiere.

Lucia non si lascia convincere. La sua logica è molto semplice e chiara: «…o la cosa è cattiva, e non bisogna farla; o non è, e perché non dirla al padre Cristoforo?». La chiarezza è, per Lucia, un fatto morale; è fiducia in Dio; è lealtà a padre Cristoforo: «…Ah Renzo! Io voglio esser vostra moglie,… ma per la strada diritta, col timor di Dio, all’altare. Lasciamo fare a quello lassù. … e perché far misteri al padre Cristoforo?».

Lucia appartiene al mondo della santità. La sua santità, però, non la rende rigida, immobile e gelida: ella è, infatti, creatura soavemente femminile e profondamente umana; capace di sottomissione e di decisione; di pudore e di amore. Ed è in questa complessa interiorità che va cercato l’incanto del suo volto e del suo contegno, che mai vengono meno.

Questo articolo è tratto dall’ebook “Guida ai Promessi Sposi” in vendita su
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