Ascolta “Alessandro Manzoni – I Promessi Sposi – capitolo 9” su Spreaker.
Nel riassunto capitolo 9 Promessi Sposi viene raccontato e spiegato il viaggio di Renzo, Lucia e Agnese alla volta di Monza; l’incontro di Lucia e Agnese con la monaca di Monza; infine, la storia di Gertrude, che proseguirà nel capitolo successivo.
Riassunto capitolo 9 Promessi Sposi: il viaggio a Monza
Al termine del capitolo 8, avevamo lasciato Renzo, Lucia e Agnese a bordo della barca che li trasportava al di là del lago di Como. Ora, ad apertura del capitolo 9 li ritroviamo al momento in cui la barca sta attraccando all’altra riva del fiume Adda, riscuotendo Lucia dal suo torpore. I tre scendono e Renzo tenta inutilmente di pagare il barcaiolo, contento di aver compiuto un atto di carità. Salgono sul carro che li attende e arrivano a Monza. Renzo vuol dare un po’ di denaro al carrettiere, ma questi si rifiuta, perché, come il barcaiolo, sa che la sua ricompensa è nella vita eterna promessa da Dio a coloro che fanno del bene al prossimo.
Trovano ristoro in un’osteria; al mattino, dopo una modesta colazione, i tre si separano: «Lucia non nascose le lacrime; Renzo trattenne a stento le sue, e, stringendo forte forte la mano a Agnese, disse con voce soffocata: – a rivederci,- e partì». Renzo si avvia verso Milano; Lucia e Agnese, invece, si recano al convento dei frati Cappuccini.
Riassunto capitolo 9 Promessi Sposi: l’incontro di Lucia e Agnese con la monaca di Monza
Al convento dei frati Cappuccini, Lucia e Agnese vengono accolte assai cordialmente dal padre guardiano, buon amico di frate Cristoforo. Il padre guardiano, scorrendo la lettera di padre Cristoforo, capisce al volo la situazione: ha già pronta una soluzione. Condurrà Lucia e Agnese al vicino monastero, dove la «Signora» le potrà mettere al sicuro e proteggerle nel migliore dei modi.
Durante il tragitto, il carrettiere spiega alle due donne, desiderose di sapere qualcosa in più, che la «Signora» è una monaca che proviene da una nobilissima famiglia spagnola. Poiché il padre è feudatario di Monza, la Signora ha molto potere sia all’interno del convento che al di fuori: la sua protezione significa quindi garanzia di sicurezza.
Giunti al convento, dopo un breve colloquio fra il Cappuccino e la «Signora», Lucia e Agnese sono ammesse alla sua presenza. Lucia, nel parlatorio, osserva attraverso la grata l’aspetto della monaca, accuratamente descritto dal narratore: «Il suo aspetto, che poteva dimostrar venticinque anni, faceva a prima vista un’impressione di bellezza, ma d’una bellezza sbattuta, sfiorita e, direi quasi, scomposta». Pallida, con la testa coperta da un velo nero, la donna ha «due sopraccigli neri»; «due occhi neri, neri anch’essi», occhi che si mostrano a volte superbi, altre chini quasi a chiedere affetto, altre ancora irosi. Ha «gote pallidissime» e «bianchissime dita», con la sola eccezione delle labbra «appena tinte d’un roseo sbiadito» che pure fanno spicco «in quel pallore». L’abbigliamento, benché monacale, tradisce una personalità forte e particolare: «la vita era attillata», come un abito laico e sotto il velo usciva «una ciocchettina di neri capelli; cosa che dimostrava o dimenticanza o disprezzo della regola che prescriveva di tenerli sempre corti».
Agnese e Lucia però non fanno caso a questi particolari e il padre guardiano presenta alla «Signora» le due donne, che si fanno avanti inchinandosi, mentre Gertrude (cioè la «Signora», ovvero la monaca di Monza) osserva Lucia con malcelata curiosità. Il padre guardiano avanza la richiesta d’aiuto, e accenna al sopruso di cui Lucia è stata vittima, suscitando la curiosità della monaca che chiede altri particolari. Il padre guardiano afferma che si tratta di questioni delicate, precisando tuttavia che Lucia ha subito la persecuzione di un nobile prepotente. Gertrude allora invita Lucia a farsi avanti e a dire se quel cavaliere era davvero per lei un «persecutore odioso». Lucia è imbarazzata e comincia a balbettare, interviene allora Agnese che spiega che Lucia era promessa sposa a un giovane perbene, è stata perseguitata da un signorotto prepotente e il matrimonio sarebbe stato celebrato se il curato del loro paese avesse avuto più coraggio.
Gertrude interrompe stizzita Agnese; spetta dunque a Lucia, imbarazzata, il compito di confermare le parole di sua madre: dice che lei prendeva Renzo come marito di sua volontà e che preferirebbe morire piuttosto che cadere nelle mani di quel «cavaliere»; supplica infine la «Signora» di concedere loro la sua protezione.
La monaca acconsente a prendere Lucia sotto la sua protezione e promette al padre guardiano di intercedere presso la badessa; le donne, nel frattempo, potranno alloggiare nella stanza lasciata libera dalla figlia della fattoressa, da poco andata sposa, e potranno svolgere le mansioni di cui lei si occupava.
Allontanandosi dal convento, il padre guardiano pensa, tutto gongolante, al buon servizio reso a padre Cristoforo.
Mentre Agnese viene congedata, Lucia viene trattenuta dalla «Signora» per continuare la conversazione. I suoi discorsi però diventano a poco a poco più strani, pertanto – dice l’autore – è preferibile a questo punto interrompere la narrazione e narrare la storia antecedente della monaca di Monza, per dare spiegazione «dell’insolito e del misterioso che abbiam veduto in lei ».
Riassunto capitolo 9 Promessi Sposi: l’infanzia e l’adolescenza di Gertrude
Gertrude è figlia di un ricco principe di origine spagnola, intenzionato a trasmettere il patrimonio familiare al primogenito. Per questo Gertrude viene destinata alla vita monastica ancora prima di nascere. Una volta venuta al mondo, l’idea della monacazione le viene inculcata fin dalla più tenera età da tutti i familiari («bambole vestite da monaca furono i primi balocchi… poi santini che rappresentavan monache;»), anche con discorsi allusivi («tu sei una ragazzina – le si diceva – queste maniere non ti convengono: quando sarai madre badessa, allora comanderai a bacchetta, farai alto e basso»; «ricordati che tu devi esser in ogni cosa, la prima del monastero; perché il sangue si porta per tutto dove si va»).
A sei anni la bambina viene affidata al monastero di Monza, dove gode di particolari riguardi da parte delle stesse suore, che vogliono, per il loro stesso interesse, convincerla della bontà della scelta monacale: per questo «fu chiamata per antonomasia “la signorina”; posto distinto a tavola, nel dormitorio; la sua condotta proposta alle altre per esemplare; chicche e carezze senza fine».
Il contatto con le compagne e i ripensamenti dell’adolescenza fanno però affiorare nella ragazza sogni di una vita mondana, ricca di feste e di onori. Sa che per la monacazione è necessario il suo consenso, ma negarlo è fortemente problematico.
Intanto, spinta dalle pressioni delle monache, scrive al vicario la supplica per essere ammessa in convento. Subito dopo, però, si pente di questo suo atto. Le sue compagne l’aiutano perciò a scrivere e a far recapitare «per via d’artifizi molto studiati» una lettera al padre; «se non che, alcuni giorni dopo, la badessa, la fece venir nella sua cella e, con un contegno di mistero, di disgusto e di compassione, le diede un cenno oscuro d’una gran collera del principe».
Tornata a casa per il periodo di prova, previsto prima di essere ammessa in convento, la fanciulla si scontra con un ambiente familiare ostile; si ritrova del tutto isolata, trattata con indifferenza. Un paggio sembra trattarla con maggior simpatia e la ragazza ingenuamente finisce con l’infatuarsene e gli scrive una lettera d’amore. Questa arriva nelle mani del principe padre, che la rimprovera facendola vergognare del suo comportamento e la rinchiude in una stanza, sorvegliata da una domestica, che le ricorda di continuo la colpa che l’ha condotta a quella punizione. Dopo diversi giorni di prigionia, Gertrude scrive una lettera al padre in cui implora il suo perdono, dicendogli di essere pronta a fare tutto ciò che gli piacerà pur di ottenerlo.
Questo articolo è tratto dall’ebook “Guida ai Promessi Sposi” in vendita su | |