Prometeo incatenato, tragedia di Eschilo, della quale non sono sicuri né la data (si ipotizza il 460 a.C.) né il posto che occupava nella trilogia, costituita anche dal Prometeo liberato e dal Prometeo portatore del fuoco.
Prometeo incatenato di Eschilo: la trama
La scena si svolge nella desolata e montuosa regione della Scizia. Qui Efesto assistito da Cratos (il Potere) e Bia (la Violenza), per ordine di Zeus incatena a una rupe Prometeo, colpevole di aver rubato il fuoco per darlo agli uomini.
Ad assistere Prometeo, che lamenta l’ingiustizia divina e la gravità della sua pena, accorrono dagli abissi del mare, su di un carro alato, prima le oceanine (che formano il coro), poi, su di un grifone, il vecchio Oceano, che si offre, ma inutilmente, per la difficile opera di pacificazione.
Ma Prometeo non è la sola vittima del signore dell’Olimpo: ne è prova l’apparizione sulla scena di Io, la sacerdotessa sedotta da Zeus e trasformata per gelosia in una giovenca da Era (per un approfondimento leggi Zeus e Io, mitologia greca). Prometeo la conforta rivelandole che le nozze con una dea, nota a lui solo, priverebbero fatalmente Zeus del suo potere¹.
Zeus ha udito la conversazione con Io e invia il dio Hermes da Prometeo perché lo obblighi a svelare quel nome. Il titano però respinge sprezzatamente il dio. Per vendetta, Zeus con un terremoto fa sprofondare nelle viscere della terra la montagna cui il ribelle era incatenato.
Prometeo incatenato di Eschilo: commento
Il Prometeo incatenato è l’unica tragedia greca in cui tutti i personaggi sono delle divinità e lo scontro è fra due esseri immortali (Prometeo e Zeus), che non appartengono alla dimensione terrena.
Prometeo è il dio amico degli uomini e loro benefattore. La scintilla del fuoco, da lui sottratto all’egoismo degli dèi, ha infatti acceso una luce in un mondo popolato da esseri confusi e atterriti, che si aggirano «simili a larve di sogni» (v. 448 s.) sulla terra desolata, e ha guidato quegli esseri verso una vita più consona alla loro dignità di uomini. Prometeo è dunque il fiero eroe ribelle alla tirranide divina, dotato di una fede incrollabile nell’uomo.
Tuttavia Prometeo, rubando il prezioso elemento, nonostante le più nobili motivazioni, ha comunque alterato l’ordine instaurato dal padre degli dei scatenando la sua furibonda reazione. E su questo punto sia le oceanine sia Efesto, pur compiangendo sinceramente la sventura del titano, non possono approvare il suo operato.
Secondo Eschilo il castigo divino non colpisce l’uomo in modo arbitrario e per pura ostilità, ma è la conseguenza di una colpa per cui l’uomo perde il senso della misura macchiandosi di hybris (tracotanza, superbia). Quindi la punizione degli dei è giusta e spinge l’uomo a non ripetere l’atto rovinoso.
¹ Si tratta del segreto appreso dalla madre Climene: Zeus sposando Teti avrebbe procreato un dio più potente di lui. Nell’arco della trilogia, tuttavia, i due antagonisti finiscono col riconciliarsi e Prometeo svela tutto a Zeus.