Il canto 26 Purgatorio della Divina Commedia di Dante si svolge nella settima e ultima cornice del Purgatorio; qui si conclude il viaggio nel Purgatorio vero e proprio: nel prossimo canto ci troveremo sulla cima del monte, nel Paradiso terrestre.
Nella settima cornice si trovano i lussuriosi, colpevoli di eccessivo abbandono al piacere sessuale. Camminano tra le fiamme, perché così come in vita furono arsi dalle passioni amorose, ora sono avvolti nelle fiamme in cui si purificano. Ricordano il loro peccato piangendo ed elevando a Dio l’inno Summae Deus clementiae (Dio di altissima clemenza); manifestano poi il loro pentimento gridando esempi di lussuria punita e di castità premiata. Sono divisi nelle due opposte schiere di peccatori secondo natura (eterosessuali) e contro natura (sodomiti); quando s’incontrano si baciano fraternamente in silenzio.
Quali sono gli argomenti del Canto 26 Purgatorio?
- Le due schiere dei lussuriosi (vv. 1-87)
- Guido Guinizzelli (vv. 88-135)
- Arnaut Daniel (vv. 136-148)
Canto 26 Purgatorio: Le due schiere dei lussuriosi (vv. 1-87)
Dante, Virgilio e Stazio procedono in fila sull’orlo della cornice invasa dalle fiamme andando incontro alle anime dei lussuriosi avvolte nelle fiamme.
Il corpo di Dante proietta ombra sul fuoco, rendendola più rossa, rivelando così alle anime che egli è vivo. Una delle anime si fa coraggio e gliene chiede ragione, ma proprio in quel momento, dalla parte opposta, arriva un’altra schiera di anime. Incrociandosi, le anime delle due schiere opposte si baciano festosamente (Dante le paragona alle formiche che incontrandosi sfregano il muso l’una sull’altra).
Poi le due schiere di anime riprendono il loro cammino in direzione opposta e nel separarsi gridano esempi di lussuria punita. La prima ricorda le città bibliche di Sodoma e Gomorra, che Dio distrusse perché i loro abitanti praticavano la sodomia. Le anime di questa schiera sono dunque i lussuriosi sodomiti.
La seconda schiera, quella dei lussuriosi eterosessuali, quella vista per prima da Dante, rievoca invece il mito di Pasifae, moglie del re di Creta Minosse, e del suo congiungimento con un toro dentro la vacca di legno costruita per lei dall’architetto Dedalo. Dalla loro unione nacque il Minotauro.
Le due schiere che si allontanano nelle due direzioni opposte vengono paragonate alle gru che si dividono in due stormi: uno stormo emigra verso il freddo dei monti Rifei, l’altro verso il caldo del deserto. Lo stormo di gru che, andando contro la propria natura, desiderosa del calore, va al freddo, allude chiaramente alla schiera dei sodomiti e al loro peccato.
Passata la schiera dei sodomiti, l’altra si accosta di nuovo al poeta e una di loro chiede a Dante come mai il suo corpo interrompe i raggi del sole.
Dante dichiara di essere effettivamente vivo e di stare compiendo il suo viaggio attraverso l’oltretomba per purificarsi dei suoi peccati e raggiungere, con la visione finale di Dio in Paradiso, la salvezza.
Dante augura alle anime di raggiungere presto la beatitudine e di poter entrare in Cielo. Poi chiede di rivelare i loro nomi e dirgli chi siano le anime passate prima in senso opposto, affinché egli possa scriverne e trasmettere ai vivi la loro memoria e raccomandarli ai loro suffragi una volta ritornato sulla Terra.
L’anima che ha parlato prima (Guido Guinizzelli) spiega che a ricordare Sodoma e Gomorra sono i sodomiti, macchiati di un peccato contro natura di cui anche Cesare fu colpevole (Guinizzelli allude a un aneddoto riportato dallo storico latino Svetonio, secondo cui Cesare era omosessuale e per questo, durante un trionfo, era stato chiamato più volte “Regina” e non “Re”, in segno di scherno, da un certo Ottavio e da altri avversari, alludendo alla sua intimità con Nicomede, re di Bitinia).
Nella schiera di cui fa parte lo spirito che sta parlando si trovano invece i lussuriosi secondo natura, che non seppero domare gli istinti e si comportarono come animali: perciò essi ricordano la lussuria bestiale di Pasifae.
Canto 26 Purgatorio: Guido Guinizzelli (vv. 88-135)
Data la spiegazione, dice che non c’è tempo di elencare i nomi di tutte le anime lì presenti, e nemmeno li conosce tutti, ma gli rivela il proprio: è Guido Guinizzelli ed è lì perché si pentì prima di morire.
Dante vorrebbe quasi lanciarsi nel fuoco per abbracciarlo in segno di ammirazione e di affetto. Guido lo ringrazia, dicendogli che non dimenticherà mai le sue parole. Poi gli chiede la ragione di un simile slancio. Dante risponde che i suoi «dolci versi» hanno rinnovato tutta la poesia italiana volgare. Guinizzelli, schermendosi umilmente, indica col dito un poeta che fu «miglior fabbro del parlar materno», cioè uno scrittore in lingua volgare che raggiunse risultati superiori ai suoi.
Si tratta del trovatore Arnaut Daniel, altra anima della sua stessa schiera: la sua opera superò in qualità quella di tutti i poeti e prosatori del momento, anche se questo giudizio non coincide con quello di chi gli preferisce Giraut de Bornelh (anche lui poeta provenzale, molto celebre all’epoca) o Guittone d’Arezzo, che lui stesso inizialmente aveva dichiarato suo maestro, il quale venne per diverso tempo ritenuto il miglior poeta in circolazione, fin quando non venne superato dai poeti dello Stilnovo.
Infine, Guido chiede a Dante, quando giungerà davanti a Cristo, di recitare per lui una parte del Padre nostro, sopprimendo la parte finale della preghiera («non ci indurre in tentazione»), perché i penitenti non possono peccare più e dunque non sono esposti alle tentazioni («dove poter peccar non è più nostro»). Poi scompare nel fuoco purificatore.
Canto 26 Purgatorio: Arnaut Daniel (vv. 136-148)
Dante si accosta allora all’anima di Arnaut Daniel che, parlando in provenzale (o lingua d’oc), si presenta e chiede al poeta di ricordarlo davanti a Dio, una volta giunto in Paradiso. Poi si immerge nuovamente nelle fiamme purificatrici e scompare.