Ascolta “Dante Alighieri – La Divina Commedia – Canto 8 Purgatorio” su Spreaker.
Nel Canto 8 Purgatorio della Divina Commedia, Dante e Virgilio guidati da Sordello, si trovano ancora nella “valletta dei principi“, una conca riparata e lussureggiante che si apre sulla seconda balza dell’Antipurgatorio. Qui si trovano le anime dei principi negligenti, cioè le anime dei principi e dei regnanti che, distolti dalle cure del governo, si sono allontanati dalle cure spirituali; stanno sedute tranquillamente e cantano il “Salve Regina”. Devono restare fuori dal Purgatorio tanto tempo quanto vissero, prima di poter salire alle cornici del Purgatorio, dove purgare con pene fisiche i propri peccati.
All’entrata e all’uscita di questa piccola valle sono posti due angeli armati di spada, che difendono le anime dal serpente tentatore, che ogni giorno al tramonto fa la sua comparsa e viene messo in fuga. Ormai il serpente non può più tentare le anime; quindi ricorda e raffigura le tentazioni che le anime subirono sulla terra e alle quali non seppero resistere. L’intervento degli angeli armati di spada mostra che soltanto con la Grazia di Dio l’uomo può resistere e vincere le tentazioni del male.
Canto 8 Purgatorio: La preghiera delle anime al tramonto (vv. 1-18)
Il Canto 8 del Purgatorio si apre con alcuni versi, che sono tra i più famosi di tutto il poema: «Era già l’ora che volge il disio / ai navicanti e ‘ntenerisce il core / lo dì c’han detto ai dolci amici addio…».
Con questi versi Dante ci sta dicendo che sta calando il sole, è l’ora del tramonto scandita dal suono di una campana in lontananza, l’ora in cui quel sentimento di dolce malinconia, di struggente nostalgia assale l’animo dei naviganti lontani dalle proprie case e dai propri affetti, e dei pellegrini che hanno appena iniziato il loro viaggio. È un evidente riferimento alla situazione di esule del poeta.
Intanto, una delle anime della valletta alza le mani e guardando fisso verso Oriente per pregare (secondo l’uso antico dei cristiani), inizia a intonare Te lucis ante (Prima della fine del giorno, è l’inno attribuito a sant’Ambrogio, con cui s’invoca l’aiuto celeste contro le tentazioni notturne: «prima che la luce si spenga, ti invochiamo, o Creatore, affinché per la tua clemenza tu sia nostro tutore e custode. Si dileguino i sogni e i fantasmi notturni. E tu abbatti il nostro nemico e impediscigli di insozzare i nostri corpi»). Tutte le altre anime penitenti fanno lo stesso.
Purgatorio Canto 8: Gli angeli guardiani (vv. 19-42)
Il poeta poi vede le anime della valletta restare in attesa e guardare in alto, e vede due angeli con due spade infuocate e senza punta scendere dal cielo. Le loro vesti sono verdi come foglie appena nate e hanno ali dello stesso colore (il colore verde delle vesti è allegoria della speranza).
Uno dei due angeli si posa sopra i due poeti e Sordello, mentre l’altro si colloca all’altro lato della valle, le anime invece si raccolgono al centro.
Dante distingue la loro testa bionda (il biondo dei capelli rimanda alla fede), ma non riesce a sostenere con lo sguardo lo splendore accecante del loro volto (il rosso dei volti che non possono essere guardati a occhio nudo rimanda alla carità). Sordello spiega che i due angeli sono mandati dalla Madonna per mettere in fuga un serpente che sta per arrivare.
Dante non sapendo da quale parte arriverà il serpente si stringe alle spalle del suo maestro (Virgilio), tutto raggelato dalla paura.
Purgatorio Canto 8: Incontro con Nino Visconti (vv. 43-84)
Sordello invita Dante e Virgilio a scendere tra le anime dei principi per parlare con loro: la cosa sarà assai ben gradita.
Scendono di soli tre passi e una delle anime sembra riconoscere Dante, nonostante il buio. Anche Dante lo riconosce: è Nino Visconti di Pisa e signore di Gallura, suo amico. I due si salutano con affetto (Dante è felice di vederlo tra le anime salve).
Nino non si è ancora accorto che Dante è vivo, per cui gli chiede quando sia arrivato sulla spiaggia del Purgatorio. Il poeta risponde di essere arrivato lì attraverso l’Inferno e di essere ancora vivo, poiché compie questo viaggio per ottenere la salvezza. Così dicendo, suscita stupore e smarrimento in Nino e in Sordello, che si traggono indietro stupefatti.
Mentre Sordello si rivolge a Virgilio per chiedere spiegazioni, Nino Visconti chiama Corrado Malaspina, signore della Lunigiana, perché veda quale miracolo è stato compiuto da Dio.
Poi Nino chiede a Dante di dire a sua figlia Giovanna di pregare per lui, così da abbreviare la sua permanenza in Purgatorio, dal momento che la madre di lei, vedova di Nino (Beatrice d’Este), è ben presto passata ad altre nozze (con Galeazzo Visconti, signore di Milano), dimostrando quanto è volubile l’amore delle donne, se non alimentato dal piacere sensuale (si tratta di un luogo comune presente già nella letteratura classica e poi nella tradizione cristiana). Ma quando sarà morta, lo stemma dei Visconti di Milano, posto sulla sua sepoltura, non le farà onore così come avrebbe fatto quello dei Visconti di Gallura (sappiamo invece che, quando Beatrice morì nel 1334, sulla sua tomba furono collocate entrambe le insegne, la vipera e il gallo).
Ma – commenta giustamente risentito Nino Visconti – essa rimpiangerà queste nozze (Galeazzo Visconti nel 1302 fu esiliato e trascorse il resto della vita in esilio, mentre Beatrice d’Este fu costretta a vivere in condizioni misere).
Purgatorio Canto 8: Le tre stelle (vv. 85-93)
Lo sguardo di Dante è attratto da tre stelle comparse al calar della notte. Hanno preso il posto delle quattro stelle avvistate dalla spiaggia la mattina. Se le prime rappresentavano le quattro virtù cardinali (temperanza, fortezza, giustizia, prudenza), queste sono il simbolo delle tre virtù teologali (fede, speranza, carità).
Canto 8 Purgatorio: Il serpente messo in fuga dagli angeli (vv. 94-108)
Mentre Virgilio sta dando questa spiegazione, Sordello lo attira a sé e gli indica l’improvviso arrivo di un serpente. Esso è simile al serpente biblico che indusse Eva a cogliere il frutto proibito dell’albero della conoscenza, causando la cacciata dal Paradiso terrestre e la rovina dell’umanità. Con grande rapidità intervengono gli angeli: basta il rumore delle loro ali per mettere in fuga la serpe, e poi volano via.
Purgatorio Canto 8: Corrado Malaspina (vv. 109-139)
Nel frattempo è arrivato Corrado Malaspina, richiamato da Nino Visconti.
Dopo aver augurato a Dante di giungere alla fine del suo viaggio ultraterreno (in Paradiso), Corrado gli chiede se ha qualche notizia della Val di Magra o dei luoghi vicini, dove lui in vita è stato potente. Dante risponde di non essere mai stato nella sua terra, ma ne loda la generosità e il valore in guerra. Corrado lo interrompe, profetizzandogli che di lì a meno di sette anni il suo giudizio sul casato sarà riconfermato dall’esperienza diretta. Corrado Malaspina sta alludendo all’esilio del poeta, nel corso del quale verrà accolto generosamente proprio dai Malaspina in Lunigiana.