Rea Silvia, discendente di Enea, era figlia di Numitore, re di Alba Longa. Questi fu spodestato dal fratello Amulio che, deciso a porre fine alla discendenza del regnante, consacrò Rea Silvia alla dea Vesta. Le sacerdotesse vestali, preposte al mantenimento del fuoco sacro nel tempio di Vesta, erano infatti tenute a rispettare il voto di castità.
Un giorno Rea Silvia si recò sulle sponde del fiume Tevere a raccogliere fiori. Fu colta dal sonno e in sogno vide il dio Marte, un giovane bellissimo, avvolto di luce. Dopo nove mesi, diede alla luce due gemelli che furono chiamati Romolo e Remo.
Amulio la accusò di avere infranto il voto di castità e per questo fu imprigionata; i gemelli vennero invece abbandonati sulle rive del Tevere, dove sarebbero certamente morti se una lupa, che aveva appena perso i suoi cuccioli, non li avesse trovati e allattati. Poi, un pastore, di nome Faustolo, li trovò e li crebbe assieme a sua moglie Acca Larenzia.
Divenuti grandi, Romolo e Remo scoprirono la verità sulla loro discendenza. Romolo imprigionò allora Amulio e restituì il trono di Alba Longa a suo nonno Numitore. Poi, sul colle Palatino fondarono la città di Roma. Era il 21 aprile del 753 a.C., data che verrà in seguito celebrata come dies natalis Romae (Natale di Roma).
Che fine fece Rea Silvia madre di Romolo e Remo?
Riguardo alla fine di Rea Silvia, fonti non concordi ne danno versioni diverse. Secondo Ovidio (Fasti) fu seppellita viva subito dopo il parto, per ordine di Amulio. Secondo altri sarebbe morta di stenti durante la prigionia. Secondo un’ulteriore tradizione, sopravvissuta alla prigionia, fu liberata alla morte di Amulio.