Res Gestae Divi Augusti, Imprese del divino Augusto, è una sorta di celebrazione autobiografica dettata dallo stesso Augusto, per ricordare la sua ascesa politica, le sue imprese belliche, le opere compiute a beneficio del popolo romano.
Alla sua morte (14 d.C.), il testamento politico di Augusto fu inciso su tavole di bronzo e affisso alle porte del suo mausoleo a Roma e replicato in varie copie nelle principali città dell’Impero.
Le tavole romane sono andate perdute, ma una copia dell’epigrafe è stata trovata ad Ankara in Turchia. Nel 1938, sul muro esterno dell’Ara Pacis, a Roma, venne incisa una copia sul marmo, che esiste tuttora.
Res Gestae Divi Augusti, il testamento politico di Augusto: perché lo ha scritto?
Con le Res Gestae l’imperatore Augusto giustificava tutto il suo operato e spiegava i fondamenti repubblicani del suo potere, ma anche la sua superiorità. Questa sua superiorità si fondava, secondo la sua interpretazione, sull’auctoritas, ovvero sulla supremazia, morale soprattutto, che derivava al principe dai suoi meriti, dalle sue imprese, dall’insieme degli onori attribuiti alla sua persona.
Nelle Res Gestae Augusto si preoccupò di dare la sua versione degli avvenimenti, usando un linguaggio scelto accuratamente e omettendo o alterando i fatti più spiacevoli.
Presentò la fase “eversiva” di capo cesariano, conclusasi nella battaglia di Filippi nel 42 a.C., come l’obbligo morale da parte di un figlio di vendicare l’uccisione del padre; affermò che il suo esercito privato era servito a ridare la libertà alla repubblica minacciata dalla lotta delle fazioni; giustificò il suo potere prima della battaglia Azio (31 a.C.), che non aveva una base di legittimità formale, dichiarando di aver governato con un non meglio precisato “consenso di tutti” (consensus universorum).
Le guerre civili contro Pompeo e contro Antonio furono presentate come guerre contro nemici esterni: i pirati e l’Egitto.
La parte più ampia dell’iscrizione era dedicata alle imprese militari e all’elenco dei suoi atti: le conquiste, le grandi spese per i veterani, i giochi, l’edilizia, gli onori ricevuti.
Non tutti credettero alla sua propaganda. Le generazioni successive videro il principato di Augusto per quello che era: l’instaurazione di un regime autocratico che, tuttavia, venne accettato per gli indubbi vantaggi generali (l’ordine sociale, la pace) e per la capacità e l’efficienza del governo.