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Riti e tradizioni del Giappone

Riti e tradizioni del Giappone – In Giappone, in un contesto sociale tipico di una società moderna, urbana e industriale, permangono molti elementi della cultura tradizionale, soprattutto nei costumi e nelle abitudini della popolazione.

Riti e tradizioni del Giappone: shintoismo e buddhismo

I giapponesi sono molto religiosi, anzi così religiosi che la somma dei credenti supera il numero degli abitanti dell’arcipelago. E c’è una spiegazione: molti giapponesi aderiscono allo shintoismo, l’antica religione che adorava come divinità i fenomeni della natura e gli spiriti dei morti (così come fanno il naturalismo e l’animismo) e al tempo stesso sono seguaci del buddhismo, introdotto nel VI secolo, che in alcuni periodi storici è stato religione di stato.

Nel Giappone contemporaneo non c’è più religione di Stato e, dopo la seconda guerra mondiale, la Costituzione prevede la libertà di culto. Tuttavia storicamente la religione ha svolto un ruolo molto importante nel mantenimento e consolidamento dell’impero e perfino nel favorire la crescita del Giappone fino al livello di potenza economica mondiale.

Durante il Medioevo, la società tradizionale feudale era stratificata: al primo posto della gerarchia il samurai, che faceva la guerra e gestiva il potere; poi il contadino che produceva riso e pagava le tasse, più sotto l’artigiano che lavorava in funzione del contadino e infine, all’ultimo gradino sociale, il mercante.

Nelle comunità rurali il comando sugli individui era affidato al capovillaggio, che trattava i componenti come lavoratori, indipendentemente dal rapporto familiare con essi, al fine di sviluppare un’economia basata sulla produzione del riso.

La gente dedita all’agricoltura vive ancora oggi nel buraku, il tipico villaggio nipponico formato da abitazioni addossate le une alle altre e raccolte vicino a un tempio scintoista.
Le arti marziali vengono ancora insegnate nelle scuole e durante le feste popolari vengono simulate le battaglie dei samurai, i guerrieri dell’antica età imperiale.

Riti e tradizioni del Giappone: rispettosi e formali

Per i giapponesi di oggi i rapporti sociali e familiari sono ancora impregnati della tradizione e ogni momento della vita è legato a un modo di affrontarlo con un certo cerimoniale. Viene affermata in questo modo la supremazia delle leggi sugli individui e l’individuo deve rigorosamente rispettare le regole fissate e i riti previsti per il passaggio dei vari stadi della sua vita.

Ci sono particolari formule orali di saluto e particolari gesti, come gli inchini, nel rivolgersi agli altri con estrema deferenza e in modo appropriato per ciascun ruolo, che servono per ribadire il rispetto che l’individuo porta nei confronti delle gerarchie sociali.
Il formalismo giapponese si esprime anche nel vestire: per esempio, nei luoghi di lavoro gli uomini vestono rigorosamente in giacca e cravatta, anche in piena estate.

Riti e tradizioni del Giappone: i riti più importanti

Secondo la tradizione, il calendario giapponese è fatto di un ciclo di sei giorni (sensho, tomobiki, senpu, butsumetsu, taian e shakku) ognuno dei quali può essere fausto o infausto oppure adatto a qualcosa di specifico. Per esempio sono giorni sfortunati butsumetsu e shakku e non bisogna fare affari nel giorno senpu. Nel giorno di taian invece ci si sposa (o si inzia un’attività). E a proposito di matrimonio, quello tradizionale giapponese viene celebrato secondo il rito shintoista.

La cerimonia si svolge nei santuari shintoisti o presso la casa dello sposo. A officiare il rito è un sacerdote, che indossa abiti tradizionali: una veste bianca, un cappello di taffettà, e uno scettro. La sposa indossa il tradizionale abito bianco o un colorato kimono ricamato. Sopra l’acconciatura tipica, può indossare un voluminoso copricapo di seta bianca, che simboleggia la calma e l’obbedienza. Lo sposo invece indossa un kimono da cerimonia composto da una gonna pantalone, un sotto-kimono bianco e un kimono con gli stemmi di famiglia.

Prima dell’inizio della celebrazione, gli sposi, i parenti stretti e i testimoni si purificano con l’acqua delle fontane poste all’ingresso del tempio. Gli sposi entrano seguiti dai testimoni e dai parenti, dal più anziano al più giovane.

Durante la cerimonia, gli sposi sono invitati a bere tre piccoli sorsi di saké da tre tazze di dimensioni diverse poste sull’altare, insieme a riso, frutta e sale. Il rituale è accompagnato da musica tradizionale.

Prima di concludere la celebrazione lo sposo recita un giuramento di fedeltà e obbedienza. Per suggellare l’unione tra i propri figli, anche i genitori degli sposi bevono del saké e seguono la nuova coppia verso il santuario, dove avverrà l’offerta agli dèi. Qui gli sposi, tenendo in mano un ramo di pianta sempreverde, si inchinano due volte, battono due volte le mani e si inchinano nuovamente. Offrono quindi i rami alle divinità a dimostrazione della sincerità delle loro intenzioni. Fatto questo gli sposi lasciano il santuario e inizia il ricevimento.

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Il capodanno, che dura cinque giorni, è una festa molto sentita. Prevede vari riti di purificazione che preludono al rinnovamento portato dal nuovo anno. Si va al tempio sacro con il miglior abito, si appongono sopra la porta di casa i segni della purificazione, si visitano le tombe dei defunti.

Tra marzo e aprile c’è il festeggiamento dell’hanami ovvero la “visita dei fiori”: non è una festa religiosa, ma un omaggio alla primavera durante il quale ci si stende sotto gli alberi fioriti e si beve birra o saké (liquore di riso).

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La fioritura dei fiori di Sakura durante l’hanami

Infine, nelle case moderne è abbastanza diffuso trovare un altare buddhista, dove la famiglia prega per i suoi defunti.

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