San Martino di Carducci. Qual è il testo della poesia San Martino di Carducci? Troverete di seguito anche San Martino parafrasi, l’analisi, le figure retoriche e il commento della famosa poesia di Giosuè Carducci.
San Martino poesia
La nebbia a gl’irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;
ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor de i vini
l’anime a rallegrar.
Gira su’ ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
su l’uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
stormi d’uccelli neri,
com’esuli pensieri,
nel vespero migrar.
Ora, a seguire, ecco la parafrasi della poesia San Martino.
Parafrasi San Martino
La nebbia, trasformandosi in una pioggerellina leggera, sale lungo i pendii spogli delle colline, mentre il mare, mosso dal forte maestrale (vento freddo di nord-ovest), rumoreggia e le sue onde spumeggianti diventano bianche.
Ma intanto per le vie del borgo si va diffondendo l’odore forte del mosto che sta fermentando nei tini e che rallegra l’animo di tutti, perché fa capire che le fatiche dei lavori nelle vigne sono finite.
Uno spiedo sta girando sui pezzi di legno ardenti e le gocce di grasso, cadendo nel fuoco, producono uno scoppiettìo.
Il cacciatore, fischiettando, si riposa sull’uscio di casa e osserva con attenzione, tra le nubi rosse del tramonto, gli stormi degli uccelli migratori che, come preoccupazioni scacciate, se ne vanno nella sera.
Figure retoriche e commento San Martino Carducci
Nella poesia San Martino, Giosuè Carducci ci presenta alcuni momenti autunnali tipici della terra in cui ha trascorso la sua infanzia: la Maremma toscana. Il giorno di San Martino (11 novembre) era molto importante nel contesto della civiltà contadina. In quel giorno, infatti, terminava il lavoro nei campi, si rinnovavano i contratti dei salariati e si provvedeva alla svinatura.
Nella poesia San Martino, Giosuè Carducci contrappone gli aspetti della natura e i suoi fenomeni alle attività umane nel paese durante l’autunno.
Il paesaggio ci viene presentato triste e spoglio, con la nebbia, il vento, il mare reso umano dall’urlo (personificazione), il cielo nuvoloso; a tutto ciò si aggiunge, come nota ulteriormente malinconica, la visione degli uccelli che migrano.
Nel paese, invece, l’atmosfera è allegra e vivace: gli uomini sono contenti perché la vendemmia è finita e il mosto sta diventando vino nei tini; anche lo scoppiettìo del fuoco dello spiedo dà un senso di gaiezza.
Un momento di riflessione si ha con il paragone tra gli «esuli pensieri» e gli «stormi di uccelli neri» che mette in risalto lo stato d’animo inquieto del poeta, il quale vorrebbe poter scacciare le preoccupazioni e allontanarle come si allontanano gli uccelli migratori.
San Martino è composta di quattro quartine di settenari. L’ultimo verso, tronco, rima con l’ultimo delle altre quartine.
La tipica costruzione carducciana dell’inversione dell’ordine delle parole rispetto all’ordine più comune (iperbato) valorizza ogni singolo termine in tutta la sua carica semantica. Ne risulta così maggiormente sottolineato l’onomatopeico «ribollir de’ tini» assieme all’«aspro odor de i vini», che ci restituisce una sensazione addirittura olfattiva, caratteristica dominante di questa seconda strofa. Inoltre la ripetizione del suono r (borgo, ribollir, aspro, odor, rallegrar) (iterazione) conferisce un timbro festoso e allegro alla strofa.
L’accostamento di coppie di parole dal suono simile, «ceppi-accesi», «spiedo-scoppiettando» (paranomasia) ha funzione onomatopeica. Se nella seconda strofa prevalgono gli odori, in questa risaltano i suoni («scoppiettando», «fischiando»).
L’ultima strofa è realizzata prevalentemente attraverso notazioni coloristiche dense di una contrastante qualità cromatica («rossastre nubi», «uccelli neri»).