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Scandalo Banca Romana e nascita della Banca d’Italia

Lo scandalo della Banca Romana nel 1892 coinvolse deputati e senatori, giornalisti e imprenditori, presidenti del Consiglio e anche casa Savoia. Costrinse alle dimissioni il primo gabinetto Giolitti alla fine del 1893.

Scandalo Banca Romana

All’epoca erano sei le banche che potevano emettere moneta: la Banca Romana, la Banca Nazionale del Regno d’Italia, il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia, la Banca Nazionale di Toscana e la Banca Toscana di Credito.

Questa pluralità rendeva ovviamente problematico il controllo della circolazione monetaria.

In quel momento storico, Roma viveva un forte sviluppo edilizio; le attività speculative fiorivano rigogliose senza che vi fosse un adeguato controllo da parte delle istituzioni bancarie, coinvolte esse stesse in operazioni assai poco trasparenti.

La Banca Romana, approfittando del suo ruolo di istituto di emissione, stampò moneta in quantità superiore a quella legittima, adottando un «accorgimento». Per ogni banconota regolarmente emessa ne stampava un’altra con lo stesso numero di serie.

Bernardo Tanlongo, Governatore della Banca Romana, poté agire in questo modo truffaldino perché coperto da numerosi uomini politici e di affari. A costoro egli aveva in alcuni casi sovvenzionato la campagna elettorale e concesso prestiti a condizioni particolarmente vantaggiose.

Nel 1889, mentre la speculazione edilizia cominciava a entrare in crisi, le crescenti difficoltà di alcune banche minori spinsero il Governo Crispi a nominare una commissione d’inchiesta perché indagasse sugli istituti di credito romani.

A partire dal 1891 la commissione mise in evidenza le irregolarità. Queste furono minimizzate e in parte occultate su pressione del Governo, presieduto prima da Antonio di Rudinì, poi da Giovanni Giolitti.

In Parlamento però un deputato del partito repubblicano, Napoleone Colajanni, chiese che le risultanze della commissione fossero fatte conoscere integralmente e che una nuova commissione approfondisse le indagini.

Giovanni Giolitti, che nel frattempo era diventato il nuovo Presidente del Consiglio, si oppose fortemente a tale iniziativa. La commissione però si formò e rivelò la gravità dei fatti accertati: risultava una circolazione clandestina di più di 50 milioni di lire.

Della vicenda cominciò a occuparsi la Magistratura. Bernardo Tanlongo fu arrestato insieme a molti altri illustri personaggi, mentre molti altri morirono in condizioni misteriose. Giolitti fu costretto alle dimisioni.

Dopo lo scandalo: le conseguenze

Il processo si concluse nel luglio del 1894; tutti gli imputati furono assolti per insufficienza di prove.

Il grave scandalo mise in evidenza il disordine che regnava nel sistema bancario; spinse inoltre il Governo a intraprendere la necessaria azione di riassetto attraverso l’istituzione della Banca d’Italia (1893).

La Banca d’Italia era autorizzata a emettere moneta insieme al Banco di Napoli e alla Banca di Sicilia.

In seguito, nel 1926, la legge 812 autorizzò unicamente la Banca d’Italia a stampare banconote.

Infine, dal 1947 essa è anche investita del compito di controllo sull’intero sistema bancario.

 

 

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