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Schelling: idealismo oggettivo ed estetico

Friedrich Wilhelm Joseph Schelling nasce a Leonberg il 27 gennaio 1775.
A 16 anni entra a Tubinga nel seminario teologico e stringe amicizia con Hörderlin e Hegel e insieme piantano “l’albero della libertà”, simbolo della Rivoluzione francese.

Schelling studia matematica e scienze naturali a Lipsia ed a Jena frequenta le lezioni di Fichte.

Nel 1798 con l’aiuto di Goethe, Schelling è nominato coadiutore di Fichte a Jena, per poi sostituirlo l’anno seguente in seguito alle dimissioni di quello. A Jena entra in contatto con molti esponenti del romanticismo tra cui Schlegel e Novalis; sposa Karoline Schlegel, a seguito del divorzio con il marito.

Dal 1803 al 1806 Schelling insegna a Würzburg. È poi segretario alla Accademia di Belle Arti a Monaco e poi della classe filosofica dell’Accademia di Scienze.

Nel frattempo Schelling rompe l’amicizia con Hegel che lo aveva attaccato nella prefazione della sua Fenomenologia dello spirito, scrivendo «la filosofia di Shelling è come una notte, in cui tutte le vacche sono nere».

A Monaco vive isolato; nel 1809 muore la moglie e tre anni dopo sposa la figlia di un’amica di lei.

Nel 1820 insegna a Erlangen e nel 1827 ritorna a Monaco, per rimanervi fino al 1841 quando viene chiamato a Berlino per succedere alla cattedra di Hegel, capitanando la reazione contro la filosofia hegeliana.

Muore il 20 agosto 1854 a Bad Ragaz, in Svizzera, dove si era recato per questioni di salute.

La filosofia di Schelling viene definita un idealismo oggettivo ed estetico. Il termine idealismo indica genericamente in filosofia quella tendenza a risolvere la realtà nell’idea. L’idealismo di Schelling viene, poi, definito oggettivo per l’attenzione da questi rivolta alla natura ed estetico per essersi soffermato in particolar modo sull’arte.

Shelling critica Fichte per aver subordinato la natura all’io e per aver completamente trascurato l’arte, elementi che, invece, ricorrono nella filosofia di Spinoza, il cui torto è quello di negare la libertà umana.

Schelling unisce il principio di infinità soggettiva di Fichte a quello di infinità oggettiva di Spinoza nell’Assoluto, che definisce come unità indifferenziata di soggetto e oggetto, spirito e natura, conscio e inconscio, ideale e reale.

Da qui le due direzioni che la filosofia di Schelling può intraprendere: la filosofia della natura, che mostra come la natura si risolva nello spirito, e la filosofia dello spirito, che mostra come lo spirito si risolva nella natura.

E l’arte diventa quell’attività in cui è possibile rintracciare l’unità di spirito e natura, il produrre conscio e quello inconscio. L’arte è l’organo dell’Assoluto che si rivela nei suoi caratteri di infinità: è la sintesi di un momento spontaneo o inconscio (l’ispirazione) e di un momento conscio e meditato (l’esecuzione cosciente); è un produrre spirituale in modo naturale o un produrre naturale in modo spirituale.

 

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