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Sei personaggi in cerca d’autore – Trama

Sei personaggi in cerca d’autore è il dramma più conosciuto di Luigi Pirandello.

Sei Personaggi in cerca d’autore fu rappresentato per la prima volta il 9 maggio 1921 a Teatro Valle di Roma dalla Compagnia di Dario Niccodemi. Fu un insuccesso clamoroso: il pubblico si divise in sostenitori (pochi) e avversari che gridavano «Manicomio, manicomio!».

Luigi Pirandello, presente alla rappresentazione con la figlia Lietta, fuggì da un’uscita laterale per evitare la folla nemica che lo fischiava e gli lanciava monetine.

Ben diversa fu l’accoglienza che Sei personaggi in cerca d’autore ottenne a Milano, al teatro Manzoni, dove fu salutato come un capolavoro drammatico.

Sei personaggi in cerca d’autore – La trama

Sei persone entrano in un teatro mentre gli attori stanno provando il dramma di Pirandello Il giuoco delle parti. Queste sei figure in realtà non sono persone, ma personaggi, immaginati da uno scrittore che a un certo punto li ha abbandonati. Adesso i personaggi vorrebbero che il capocomico sostituisse l’autore e facesse recitare il loro dramma agli attori professionisti presenti sul palcoscenico.

Così ciascuno dei Sei personaggi in cerca d’autore comincia a raccontare la propria storia personale. Il Padre, dopo aver avuto un Figlio, lascia che la Madre se ne vada con l’amante (il segretario che viveva in casa con loro), «uomo a lei più affine».

La Madre e l’amante mettono al mondo tre figli: la Figliastra, il Giovinetto, la Bambina. Alla morte dell’amante, la Madre torna in città. Qui il caso gioca un tiro maligno ai personaggi principali: la Figliastra, giovane e bella, cade nella rete di Madama Pace, che, dietro la copertura di una casa di mode, gestisce una casa di appuntamenti. Il Padre, in cerca di piacere, incontra nella casa la Figliastra che non conosce. Tra i due non vi è alcun rapporto, poiché – grande colpo di scena! – sopraggiunge la Madre che vuole sottrarre la Figliastra dalle grinfie di Madama Pace. Con orrore scopre il Marito con la Figliastra. Inorridito e vergognoso, travolto dalle spietate accuse della Figliastra che lo ritiene ipocrita, meschino e vizioso, il Padre decide di riprendere con sé la Madre e l’intera famiglia. Il Figlio, che non accetta la nuova realtà familiare, reagisce contro gli improvvisi intrusi e li tratta sgarbatamente.

Durante le prove, alle quali i personaggi assistono ora in silenzio, ora intervenendo con commenti e suggerimenti, gli attori risultano però falsi ai loro occhi, diversi da loro, e, per fare in modo che il destino si compia, dovranno, infine, essere essi stessi, sul palcoscenico, a recitare il proprio tragico dramma fino all’epilogo.

La rappresentazione riprende, ambientata in un giardino dove la Madre scopre la Bambina annegata nella vasca e, un attimo dopo, inorridita, scorge dietro un albero la figura del Giovinetto, che, avendo assistito all’intera scena, preso da una disperata solitudine, si suicida, sparandosi un colpo di rivoltella. La Madre urla disperata; gli attori sono sconcertati: non sanno se il Giovinetto sia morto o meno.

Il capocomico, indispettito per la giornata di prove perduta, ordina agli attori di andare via e all’elettricista di spegnere tutte le luci. Ma, subito, dietro il fondalino, come per uno sbaglio d’attacco, s’accende un riflettore verde, che proietta, grandi e spiccate, le ombre dei Personaggi, meno il Giovinetto e la Bambina. Il capocomico, vedendole, schizza via dal palcoscenico, atterrito. Si spegne il riflettore dietro il fondalino e lentamente viene avanti prima il Figlio, poi la Madre con le braccia protese verso di lui, e dopo ancora il Padre. Si fermano a metà del palcoscenico, rimangono lì come forme trasognate. Viene fuori per ultima la Figliastra che fugge con una folle, amara risata, scomparendo dalla scena.

 

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