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Seneca – De brevitate vitae capitolo 3 – Traduzione

De brevitate vitae capitolo 3 – Traduzione completa del De brevitate vitae capitolo 3. L’opera De brevitate vitae fa parte dei Dialoghi di Seneca

Nel De brevitate vitae capitolo 3, Seneca mette in rilievo una contraddizione nel modo di  vivere di tanti uomini: da un lato sono avidi di beni materiali, dall’altro generosissimi donatori del tempo a loro disposizione.

[1] Si concentrino su questa sola cosa tutte le menti più brillanti si stupiranno mai abbastanza di questa caligine delle menti umane: gli uomini non sopportano che i loro campi siano occupati da alcuno, e se sorge anche una minima controversia sulla misura dei confini, si precipitano alle pietre, alle armi: invece nella loro vita lasciano che gli altri mettano piede in lungo e in largo anzi addirittura fanno entrare nella loro vita quelli che diventeranno i possessori di essa; non si trova nessuno che voglia dividere il suo denaro: a quante persone ognuno distribuisce la sua vita! Sono parsimoniosi nel tutelare il patrimonio, ma, quando si tratta della perdita del proprio tempo, sono generosissimi dell’unica cosa di cui l’avarizia è un premio.

[2] Piace, a questo punto, prendere uno tra la folla degli anziani: “Vediamo che tu sei giunto all’ultimo periodo della tua vita umana, hai raggiunto cento e più anni: orsù, fai il conto degli anni vissuti. Calcola di quanto di questo tempo te l’ha portato via un creditore, quanto un’amante, quanto un potente, quanto un cliente, quanto le liti con la moglie, quanto la punizione degli schiavi, quanto il correre affaccendati per doveri ufficiali; aggiungi le malattie che ci siamo procurati con la nostra mano, aggiungi anche ciò che è rimasto inutilizzato: vedrai che hai meno anni di quanti ne conti.

[3] Richiama alla tua memoria quando sei stato fermo in un tuo proposito, quanti giorni sono finiti come tu avevi preventivato, a quando hai avuto la disponibilità di te stesso, a quando il tuo volto non ha mutato espressione, a quando il tuo animo è stato coraggioso, che cosa hai realizzato di positivo in un periodo tanto lungo, quanti hanno depredato la tua vita mentre non ti accorgevi di cosa stavi perdendo, quanto ne ha sottratto un vano piacere, una stupida gioia, un’avida bramosia, una piacevole discussione, quanto poco ti è rimasto del tuo: capirai che muori anzitempo.

[4] Dunque qual è il motivo? Vivete come se doveste vivere in eterno mai vi sovviene della vostra caducità, non ponete mente a quanto tempo è già trascorso; ne perdete come da una rendita ricca e abbondante, quando forse proprio quel giorno, che si regala a una certa persona o attività, è l’ultimo. Avete paura di tutto come mortali, desiderate tutto come immortali.

[5] Udirai la maggior parte dire: “Dai cinquant’anni mi metterò a riposo, a sessant’anni mi ritirerò a vita privata”. E che garanzia hai di una vita così lunga? Chi permetterà che queste cose vadano così come hai programmato? Non ti vergogni di riservare per te i rimasugli della vita e di destinare alla sana riflessione solo il tempo che non può essere utilizzato in nessun’altra cosa? Quanto tardi è allora cominciare a vivere, quando si deve finire! Che sciocca mancanza della natura umana differire i buoni propositi ai cinquanta e sessant’anni e quindi voler iniziare la vita lì dove pochi sono arrivati.

 

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