Il servizio militare è la prestazione personale dei singoli cittadini nelle forze armate del proprio Paese. Tutti gli ordinamenti moderni contemplano la “coscrizione obbligatoria”: anche gli Stati che, in tempo di pace, mantengono un esercito volontario prevedono la possibilità di ricorrervi in caso di necessità.
Il sistema italiano derivò da quello piemontese: era basato su un esercito di professionisti volontari a lunga ferma e su un breve servizio militare – obbligatorio per tutti i cittadini maschi – di addestramento, dopo il quale essi restavano per otto anni a disposizione dell’esercito attivo e per otto anni della riserva.
Questo sistema fu riformato nel 1854, con un allargamento della leva obbligatoria: i giovani, al 21° anno di età, furono chiamati a un periodo di ferma di durata variabile. Per alcuni, esso durava 11 anni, di cui 5 in servizio effettivo e 6 in congedo nella riserva («ferma di ordinanza»), mentre per altri era solo di 5 anni, da passare tutti in congedo dopo un breve addestramento di 40 giorni («ferma provinciale»): la destinazione all’una o all’altra tipologia veniva stabilita mediante sorteggio. Il reclutando, inoltre, poteva sostituire al proprio servizio militare il pagamento di una somma di denaro (affrancazione) o, se estratto per la ferma di ordinanza, pagare come sostituto un giovane sorteggiato per la ferma provinciale (surrogazione).
Esteso a tutto il Regno d’Italia nel 1861, questo sistema fu riformato nel 1871, quando si uniformò al modello prussiano di reclutamento obbligatorio: la durata della ferma d’ordinanza fu però progressivamente ridotta (a quattro anni nel 1871, a tre anni nel 1875 e a due nel 1911). Nel 1971 fu inoltre abolita l’affrancazione e nel 1875 la surrogazione, anche se fino al 1920 rimase in vigore la possibilità di essere sostituito da un fratello. La ferma addestrativa dei provinciali fu innalzata invece a cinque mesi nel 1871 e a dodici nel 1911.
Con la prima guerra mondiale furono chiamate alle armi tutte le classi di leva dei nati tra il 1874 e il 1900, per un totale di sei milioni di persone.
Nell’immediato primo dopoguerra ci si orientò verso il sistema della «nazione armata», basato su un esercito che fosse una scuola militare nei periodi di pace e una struttura pronta ad accogliere le forze nazionali durante la guerra. Questo modello si rafforzò durante il regime fascista che, nel 1934, proclamò «inscindibili nello stato fascista le funzioni di cittadino e di soldato».
Nel corso della seconda guerra mondiale vennero arruolati 4,5 milioni di uomini, nati tra il 1901 e il 1923.
Nel secondo dopoguerra, la Costituzione indicò: «La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge»: questo dice l’articolo 52 della nostra Costituzione e così è stato fino al 1° gennaio 2005 per tutti i maschi di nazionalità italiana, maggiorenni e fisicamente idonei.
Erano previsti esoneri per situazioni familiari particolari e rinvii per motivi di studio. Se invece qualcuno faceva obiezione di coscienza, cioè si rifiutava di svolgere il servizio militare perché contrario all’uso delle armi, era dichiarato disertore e veniva incarcerato (fino al 1972).
A partire dallo stesso anno (1972) fu introdotta la legge sul servizio civile, che consentì a chi obiettava per motivi religiosi, filosofici o morali di adempiere in un modo alternativo e socialmente impegnato al dovere di difendere la Patria.
Nel 1998 l’obiezione di coscienza passò da beneficio concesso dallo Stato a diritto della persona e il servizio civile fu equiparato a quello militare.
Il cambiamento radicale è avvenuto dal 2000, con la trasformazione del servizio militare obbligatorio in Servizio volontario e professionale, della durata di 12 mesi e aperto a tutti i cittadini, maschi e femmine tra i 18 e i 28 anni, e ha segnato la fine dell’obiezione di coscienza.
Dal 2005 il servizio militare obbligatorio è stato sospeso (non può essere abolito perché è parte di un articolo della nostra Costituzione e in quanto tale non può essere cancellato da una legge ordinaria), tuttavia, in caso di necessità, lo Stato può richiamare alle armi i cittadini fino a 45 anni che abbiano svolto il servizio militare. Gli ultimi a essere stati chiamati alle armi sono stati i ragazzi nati nel 1985.