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Shoah in Italia: lo sterminio degli ebrei nell’Italia fascista

La Shoah in Italia, ovvero lo sterminio del popolo ebraico durante la Seconda guerra mondiale, iniziò nel 1938 quando il regime fascista cominciò a emanare tutta una serie di leggi contro gli ebrei, che li escludeva dalle scuole, dalle università e da molte professioni. La legge fu voluta da Benito Mussolini e firmata da re Vittorio Emanuele III. La Chiesa non protestò, se non per l’articolo che vietava i matrimoni misti tra ebrei e cattolici.

In Italia quando iniziarono le deportazioni degli ebrei nei campi di sterminio?

In Italia, deportazioni e sterminio iniziarono dopo l’armistizio con gli Alleati nel settembre del 1943, quando i tedeschi occuparono l’Italia del Nord e crearono uno stato fascista, la Repubblica Sociale Italiana, con a capo Mussolini.

Nel territorio occupato dai tedeschi e soggetto al governo collaborazionista della Repubblica Sociale Italiana gli ebrei erano circa 32 000. Essi vennero cacciati come prede e inviati allo sterminio.

I fascisti italiani, che qualificavano gli ebrei come “stranieri” e “nemici”, collaborarono con i tedeschi nella caccia agli ebrei. Uno dei  primi episodi fu il rastrellamento del ghetto di Roma, il 16 ottobre 1943. Furono catturate oltre 1000 persone, avviate nel campo di concentramento di Auschwitz, dove morirono di stenti o nelle camere a gas. Di esse solo 15 fecero ritorno a casa.

La Shoah in Italia e i campi di concentramento

Gli ebrei italiani furono concentrati in vari campi operativi sul territorio italiano. Tra questi: il campo di Fossoli, in provincia di Modena, fu un campo di transito, cioè un luogo dove gli ebrei venivano rinchiusi provvisoriamente, in attesa di essere trasferiti nei lager dell’Est Europa; la Risiera di San Sabba, nei pressi di Trieste, invece fu un luogo di morte, dove molti ebrei furono trucidati. Furono circa 8000 le vittime della Shoah in Italia, che trovarono la morte nei campi di sterminio.

Il silenzio degli italiani e i Giusti tra le nazioni

Chi sapeva tacque, anzi, talvolta vi fu anche la collaborazione di semplici cittadini, che denuciarono gli ebrei o svelarono ai nazisti i loro nascondigli. Perché lo fecero? Per paura e perché i pregiudizi contro gli ebrei erano diffusi. Oppure, per convenienza, sperando di ottenere qualche vantaggio o ricompensa dai loro nuovi “padroni”.

Ma, nella tragica storia della Shoah in Italia ci furono anche coloro che cercarono di aiutare, proteggere o nascondere gli ebrei (amici, conoscenti, vicini di casa, preti, suore). Sono i Giusti tra le nazioni, come il commerciante italiano Giorgio Perlasca che riuscì a impedire la deportazione di oltre 5000 ebrei ungheresi spacciandosi per il console spagnolo di Budapest, in Ungheria. Altri pagarono con la vita il loro coraggio. Fu il caso di Calogero Marrone: lavorava nell’Ufficio dell’Anagrafe di Varese e ne approfittò per procurare documenti falsi a molti ebrei, che così si salvarono. Fu scoperto, arrestato e mandato nel campo di concentramento di Dachau, dove morì nel febbraio 1945. Stessa sorte per Giovanni Palatucci, un funzionario di polizia che, per aver aiutato molti ebrei a rifugiarsi in Italia meridionale, fu deportato a Dachau, da dove non fece ritorno.

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