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Sindrome di Down: genetico non vuol dire ereditario

La sindrome di Down è una condizione genetica caratterizzata dalla presenza di un cromosoma in più nelle cellule di chi ne è portatore: invece di 46 cromosomi nel nucleo di ogni cellula ne sono presenti 47, vi è cioè un cromosoma n. 21 in più; di qui anche il termine Trisomia 21.

Genetico non vuol dire ereditario. Ciò significa che la sindrome non è presente nei genitori, ma insorge durante lo sviluppo delle cellule sessuali (gameti) oppure subito dopo il concepimento, per errori che riguardano la fase di duplicazione del materiale genetico durante la divisione cellulare o la sua ripartizione nelle cellule figlie.

Il nome viene dal dottor John Langdon Down che, per primo nel 1866, riconobbe questa sindrome e ne identificò le principali caratteristiche, di cui la più nota è il taglio a mandorla degli occhi. A scoprire che a causarla è la presenza di un cromosoma in più è stato invece  il genetista francese Jérôme Lejeune, nel 1958.

Molti bambini con la sindrome di Down possono raggiungere un buon livello di autonomia, imparare a curare la propria persona, cucinare, uscire e fare acquisti da soli. Possono fare sport e frequentare gli amici, andare a scuola e imparare a leggere e scrivere.

I giovani e gli adulti con la sindrome di Down possono apprendere un mestiere e impegnarsi in un lavoro svolgendolo in modo competente e produttivo.

Sanno fare molte cose e ne possono imparare anche tante altre.

 

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