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Spesso il male di vivere ho incontrato. Analisi e commento

Spesso il male di vivere ho incontrato di Eugenio Montale. Ve ne diamo il testo poetico, la parafrasi, l’analisi e il commento.

Spesso il male di vivere ho incontrato: il testo poetico

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

Spesso il male di vivere ho incontrato: la parafrasi

Ho incontrato spesso il male di vivere: era il ruscello che, incanalato, non scorre fluido e perciò gorgoglia, producendo un rumore rauco, era l’incartocciarsi della foglia inaridita, era il cavallo stroncato dalla fatica.

Non conobbi altra possibilità di salvezza per contrastare il dolore, all’infuori del dono meraviglioso e divino dell’Indifferenza, che si manifestava nella statua nel mezzogiorno pieno di sonno (nella sonnolenza del meriggio), nella nuvola e nel falco sollevato in alto.

Spesso il male di vivere ho incontrato: l’analisi

La poesia risale probabilmente al 1924 e anch’essa fa parte della sezione Ossi di seppia, che fornisce il titolo all’intera raccolta.

La poesia comprende due quartine composte di endecasillabi, ad eccezione del verso finale, che consta di due settenari, di cui il primo sdrucciolo. Il sistema delle rime è il seguente: ABBA, CDDA. La simmetria costruttiva delle due quartine è sottolineata dall’identica posizione di un enjambement tra il terzo e il quarto verso di ciascuna strofa.

Il testo può essere additato come perfetto esempio del correlativo oggettivo montaliano, ossia del rapporto che la parola stabilisce con gli oggetti da essa nominati. E così:

  • la sofferenza del vivere è emblematicamente sottolineata attraverso il faticoso fluire del ruscello, l’accartocciarsi al sole delle foglie e lo stramazzare stanco del cavallo. Le immagini ripropongono aspetti della realtà, tipicamente montaliani, che con la loro quotidianità ferita simboleggiano un’uguale sofferenza degli uomini (correlativo oggettivo). Un analogo senso di fatica e di dolore viene espresso dal poeta attraverso l’adozione di vocaboli duri e crudamente espressivi di una situazione di pena e di disagio («strozzato», «incartocciarsi», «riarsa», «stramazzato»), ancor più accentuata dalla frequenza e dall’asprezza di certe consonanti come la r e la s;
  • in opposizione al «male di vivere», che si manifesta negli aspetti più comuni della natura, non vi può essere per Montale altro «bene» che un atteggiamento di distacco e di Indifferenza (non a caso scritta con la I maiuscola), come quello assunto dalla divinità, impassibile di fronte alla miseria del mondo. Le qualità dell’Indifferenza vengono precisate dal poeta mediante tre simboli (correlativi oggettivi), che hanno come denominatore comune il distacco e la freddezza: «la statua», con la sua insensibilità, «la nuvola», con la sua imprendibilità e lontananza, «il falco», con la sua libertà istintiva. L’atmosfera di immobilità ed estraneità viene accentuata dalla presenza del «meriggio», momento simbolicamnete sospeso tra torpore e stupore, presente anche in altre liriche di Montale (ad esempio Meriggiare pallido e assorto).

Spesso il male di vivere ho incontrato: il commento

In un amaro consuntivo della propria vita, Montale si accorge di aver incontrato nel proprio viaggio soltanto dolore, un dolore implacabile e senza ragione, che si abbatte indifferentemente su uomini, cose e animali. L’unico rimedio è l’Indifferenza, considerata dal poeta un meraviglioso dono divino perché ci consente di resistere al dolore ignorandolo.

 

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