Storia del tabacco in breve: da elemento sacro a monopolio di Stato
Quando Cristoforo Colombo e i suoi marinai sbarcarono nell’isola di San Salvador osservarono parecchi Indios, uomini e donne, che tenevano in mano una specie di bastoncello acceso a una estremità. Esso era fatto di foglie secche arrotolate di cojiba o cohiva, nome indigeno della pianta di tabacco, e aspiravano il fumo dall’estremità opposta.
Per il loro contenuto in sostanze stimolanti, le piante di tabacco erano assai apprezzate da molte tribù indigene e usate in varie cerimonie religiose come mezzo per comunicare con gli dei.
Nel 1518 un missionario spagnolo portò dei semi di tabacco al futuro imperatore Carlo V, che li fece seminare e coltivare.
Il tabacco fu importato in Spagna con la denominazione di «erba santa» e con esso furono introdotte anche molte pratiche medicinali, alcune delle quali si sono tramandate per secoli (ad esempio in Sicilia c’era l’abitudine di mettere del tabacco nell’ombelico dei bambini per preservarli dai vermi).
Anche la sua introduzione in Francia nel 1560 a opera di Jean Nicot, ambasciatore a Lisbona, è legata alla credenza che il tabacco fosse una panacea per molti mali: la polvere di tabacco inviata a Caterina de’ Medici, ad esempio, era destinata a guarire le emicranie della regina.
Più tardi Linneo diede alla pianta, in memoria di Nicot, il nome di Nicotiana tabacum.
La coltivazione del tabacco si estese rapidamente, così come il suo uso: missionari spagnoli lo importarono nell’arcipelago filippino; i portoghesi nel Giappone e da lì in Cina; il cardinale Tornabuoni in Italia; sir Walter Raleigh dalla Virginia lo introdusse in Inghilterra.
La sua introduzione causò molti editti e leggi restrittive: Luigi XIII ne interdisse la vendita in Francia; Giacomo I d’Inghilterra scrisse un libello contro i fumatori; Urbano VIII proibì l’uso del tabacco da fiuto con la minaccia di scomunica (1624). Nel 1642 aggiunse il divieto di fumare tabacco all’interno della Basilica di San Pietro e della Cattedrale di Siviglia.
In seguito, al posto delle misure restrittive, molti governi preferirono fare del tabacco una sorgente di profitti, assicurandosene il monopolio.