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Storia della Russia

La storia della Russia inizia tra l’VIII e il IX secolo d.C. quando si formò un primo regno slavo intorno alla città di Kiev, oggi in Ucraina. Gli abitanti di questo regno erano Variaghi, di origine scandinava, convertiti al cristianesimo da missionari bizantini.

L’invasione mongola

Nel XIII secolo (1200) il Regno di Kiev subì le invasioni dei Mongoli (popolazioni nomadi di origine asiatica) sotto la guida di Gengis Khan.

Il Granducato di Mosca e la repubblica di Novgorod

Nel XII secolo (1100), nei territori più a nord del Regno di Kiev, si formò un nuovo regno: il Granducato della città di Mosca. Ancora più a nord, sulle rive del mar Baltico, si affermava invece la repubblica di Novgorod. Nascevano così le due anime della Russia contemporanea: intorno a Novgorod e intorno a Mosca. Gli eredi sono le odierne San Pietroburgo e Mosca.

Fino alla fine del XV secolo (1400) il Granducato di Mosca fu uno stato vassallo dell’impero mongolo. Dopo il 1480, grazie all’azione decisa di alcuni sovrani, da Ivan il Grande a Ivan il Terribile, il Granducato conquistò piena autonomia dai mongoli. Inoltre, si espanse a sud fino al Caucaso e ad est verso gli Urali, divenendo il primo impero russo.

La Russia degli zar

A partire dal 1580, sotto la guida degli zar Romanov, i russi conquistarono tutta la Siberia, incontrando scarsa o nulla resistenza.

Nel XVIII secolo (1700) lo zar Pietro il Grande portò la cultura, i costumi, la scienza e la tecnologia europei in Russia. L’impero divenne allora una delle grandi potenze europee.

Dopo aver raggiunto l’apice della sua potenza all’inizio del XIX secolo (1800), a partire dalla fine dello stesso secolo, l’impero russo iniziò a declinare a causa di mancate riforme politiche ed economiche.

La storia della Russia nel 1900

Nel XX secolo (1900) la Russia perse due guerre: la guerra russo giapponese (1904-1905) e la prima guerra mondiale (vedi pace di Brest Litovsk).

Le sconfitte produssero un netto peggioramento delle condizioni di vita di contadini e operai, che si ribellarono contro il governo imperiale. Un gruppo politico che si ispirava alle teorie comuniste ed era guidato da Vladimir Lenin prese il potere e, dopo una violenta rivoluzione popolare nel 1917 (vedi Rivoluzione russa), nel 1922 diede vita all’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (URSS).

L’URSS, nata dalla rivoluzione russa del 1917, cambiò radicalmente il sistema economico precedente, ancora di  tipo medievale, adottando un modello di sviluppo fondato sull’abolizione della proprietà privata e sulla collettivizzazione dell’economia sotto il rigido controllo dello Stato. Questo controllo assoluto  sull’economia era reso possibile dall’esistenza di un solo partito politico, il Partito comunista dell’Unione Sovietica, che deteneva tutto il potere.

A partire dagli anni Trenta del Novecento, quando tutto il potere venne concentrato nelle mani di Josif Stalin, fu avviata una politica di industrialiizzazione a tappe forzate, che portò l’URSS, a prezzo di enormi sacrifici per la popolazione, a diventare una delle più importnati potenze economiche e militari del mondo.

La Russia comunista contribuì alla sconfitta della Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale. Dopo la seconda guerra mondiale, l’URSS sviluppò armi nucleari entrando in competizione con gli Stati Uniti per il controllo dell’egemonia mondiale. Fortunatamente, la competizione, chiamata Guerra fredda, non divenne mai una guerra diretta tra le due superpotenze.

Alla fine degli anni Ottanta del Novecento, il leader politico Michail Gorbaciov introdusse una serie di riforme volte a risollevare il Paese (perestroika). Questo tentativo però fallì per le forti resistenze di una parte della vecchia classe dirigente e per il peggioramento delle condizioni economiche dell’intero paese.

Il progressivo crollo dei regimi socialisti alleati dell’URSS, verificatosi nel corso del 1989 in Polonia, Ungheria, Cecoslavacchia, Germania orientale e Romania, peggiorò il clima di tensione economica e politica nelle singole repubbliche che componevano lo Stato sovietico, che, a partire dalle tre piccole repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia e Lituania), cominciarono a proclamare la propria indipendenza dal governo centrale.

Il 21 dicembre 1991 l’URSS cessò di esistere ufficialmente.

Gli Stati sorti dalla disgregazione dell’URSS

Gli Stati sorti dalla disgregazione dell’URSS sono quindici. Il più importante di essi è la Federazione Russa, che comprende ancora oggi la maggior parte del territorio e della popolazione dell’ex URSS.

In territorio europeo si sono formati altri sei Stati: Lettonia, Estonia, Lituania, Moldova, Ucraina, Bielorussia.

Gli altri paesi nati dalla dissoluzione dell’URSS si trovano invece in territorio asiatico: un gruppo di piccole repubbliche si trovano nell’area del Caucaso (Georgia, Armenia, Azerbaigian); un altro gruppo di cinque è localizzato oltre il mar Caspio, nelle steppe dell’Asia occidentale (Kazakistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizistan).

Comunità degli Stati Indipendenti o CSI

La Federazione Russa e i nuovi Stati (a eccezione delle tre repubbliche baltiche) hanno dato origine nel 1991 alla CSI (Comunità degli Stati Indipendenti). La CSi però non è un’organizzazione statale com’era l’URSS, ma solamente un’organizzazione di cooperazione economica e militare, che prende come modello l’Unione europea.

 

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