Guicciardini Storia d’Italia riassunto del capolavoro storiografico di Francesco Guicciardini (1483-1540).
Guicciardini scrisse Storia d’Italia fra il 1537 e il 1540, nella villa di campagna di Santa Margherita in Montici, presso Arcetri (Firenze).
Qui Guicciardini si era ritirato a meditare sul suo doppio fallimento: prima quello politico, successivo alla sconfitta della lega di Cognac (da lui stesso preparata contro Carlo V) e al sacco di Roma del 1527; poi quello individuale in seguito alla destituzione da ogni importante incarico da parte del nuovo papa Paolo III e alla sua riduzione alla vita privata.
Storia d’Italia fu pubblicata in edizione parziale nel 1561 e poi completa nel 1564 a Venezia. Fu inserita all’inizio del Seicento nell’Indice dei Libri Proibiti, per il suo spirito laico e spregiudicato.
I fatti narrati nella Storia d’Italia vanno dal 1492 (anno della morte di Lorenzo il Magnifico) al 1534 (anno della morte di Clemente VII). Gli avvenimenti sono esposti in ordine cronologico, anno per anno, e suddivisi in venti capitoli.
Originariamente i libri dovevano essere diciannove, ma lo scrittore rimaneggiò il manoscritto in modo da farli diventare venti, poiché giudicava questo un numero perfetto.
Guicciardini considerava l’Italia diversa dalle altre nazioni europee per la sua superiorità culturale, ma non la vedeva come un’unità politica, né credeva che fosse destinata a unirsi.
Pertanto il soggetto della Storia d’Italia non è l’Italia come unità politica, ma gli avvenimenti svoltisi nella penisola italiana. E alla base dei fallimenti dei gruppi dirigenti italiani egli individua sì il potere negativo della fortuna, ma anche una serie di incapacità e di sconsideratezze che hanno portato alla discesa di Carlo VIII, primo di una serie di interventi stranieri che hanno tolto la libertà all’Italia, e poi al sacco di Roma del 1527. Di qui i giudizi negativi su numerosi personaggi della politica italiana, da Ludovico il Moro e Pier Soderini a Clemente VII.
L’opera di Guicciardini Storia d’Italia presenta due novità assolute. Sul piano dei contenuti, l’orizzonte storico si amplia: non abbiamo più la storia di una singola città, ma per la prima volta si esamina a fondo tutta la storia d’Italia in un determinato periodo e si tiene presente, nello stesso tempo, la storia europea, la politica internazionale. Nel leggerla ritroviamo il Guicciadini dei Ricordi: cauto, accorto nell’osservare e nel giudicare ogni aspetto degli avvenimenti, caso per caso.
Sul piano metodologico, si inaugura un criterio moderno di ricerca storiografica, basato sulla scrupolosa verifica delle fonti e dei documenti (molto più di quanto faccia il Machiavelli storico, che non esita a piegare i fatti storici alla propria dottrina politica).
Di proprio e di originale Francesco Guicciardini aggiunge l’analisi psicologica dei personaggi. Sono famosi i ritratti che traccia di personaggi come Leone X e Clemente VII; molto risalto hanno poi i discorsi inseriti spesso a coppie, per esporre opposte tesi di una stessa circostanza oggettiva e progetti diversi di soluzione. Così Guicciardini riprende sì la tradizionale storiografia umanistica (per gli umanisti lo scopo della storia stava nel fornire all’uomo una guida morale) ma in modo nuovo e indubbiamente personale.
Lo stile vuole ispirarsi ai suggerimenti dati da Cicerone nel De oratore: la narrazione scorre sciolta, ampia, fluida ma lenta, articolandosi in periodi complessi. La sintassi è dunque di tipo classico, stratificata in varie subordinate sottoposte a una proposizione principale. Non mancano tuttavia brevi sentenze e rapidi giudizi.