La Strage di Marzabotto (dal nome del maggiore dei comuni colpiti) o Eccidio di Monte Sole si consumò tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944 nei territori dei comuni Marzabotto, Grizzana e Monzuno, alle pendici di Monte Sole, in provincia di Bologna. Si è trattato di un crimine contro l’umanità e uno dei più gravi crimini di guerra compiuto contro la popolazione civile dalle forze armate tedesche in Europa occidentale durante la seconda guerra mondiale.
Perché ci fu la strage di Marzabotto?
I nazisti erano venuti a sapere che su quei monti operava la brigata partigiana “Stella Rossa”, guidata da Mario Musolesi, detto il Lupo, che nei mesi precedenti aveva effettuato continui attacchi ai treni e ai mezzi tedeschi in transito verso il fronte. Vi militavano partigiani (la maggior parte uomini, ma c’erano anche donne) di vario orientamento politico (comunisti, socialisti, cattolici) quasi tutti residenti nei comuni di Marzabotto, Grizzana e Monzuno.
Fu per contrastare l’attività dei partigiani che, tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, alcuni reparti dell’esercito tedesco e delle SS comandati dal maggiore Walter Reder, avvalendosi della complicità dei fascisti locali, compirono una terribile rappresaglia ai danni dei civili della zona. Il maggiore Walter Reder aveva avuto l’incarico dal generale Max Simon, che aveva già ordinato stragi di civili in Toscana, la più cruenta a Sant’Anna di Stazzema.
Non si conosce il numero esatto delle vittime di Monte Sole, anche perché gli uffici di stato civile dei tre comuni interessati furono distrutti dalla guerra. Secondo una stima approssimativa, furono più di mille le persone massacrate dai nazifascisti (agli abitanti locali vanno però aggiunte le numerose famiglie sfollate da Bologna, delle quali si ignora tutto). Erano quasi tutte donne, vecchi e bambini, uccisi a colpi di mitraglia, per poi dare fuoco agli edifici. Tra le vittime c’erano i genitori, le mogli e i figli dei partigiani della brigata Stella Rossa.
Il comandante della brigata Stella Rossa, Mario Musolesi, detto il Lupo, fu ucciso il 29 settembre. Senza la sua guida la brigata fu allo sbando. I partigiani superstiti furono costretti a una fuga disordinata, alcuni riuscirono a raggiungere gli Alleati, per riprendere a combattere al loro fianco sull’Appennino.
L’esercito tedesco cercò subito di sottrarsi alla responsabilità dell’eccidio di Marzabotto, ne negò perfino l’esistenza facendo affermare dai giornali, qualche giorno dopo l’accaduto, che il rastrellamento non aveva prodotto vittime.
Walter Reder, catturato e processato dal Tribunale militare di Bologna, nel 1951, fu condannato all’ergastolo. Sostenne sempre che aveva solo obbedito agli ordini. Negli anni successivi, più volte, chiese la grazia, ottenendo sempre rifiuti. Nel 1985 il governo Craxi accolse la sua richiesta e lo rimpatriò in Austria. Il governo austriaco s’impegnò a proseguire il trattamento “consono allo status di condannato”. Morirà poi nel 1991, in un ospedale di Vienna.