I primi movimenti delle suffragette nacquero nella seconda metà dell’Ottocento in Inghilterra e negli Stati Uniti. Il termine suffragetta deriva da “suffraggio” e indica le prime donne organizzate in un movimento politico per rivendicare il diritto di voto a livello nazionale. Il movimento intendeva sostenere l’emancipazione femminile in una società ancora fortemente maschilista e nel corso del tempo venne definito movimento femminista.

Di diritti delle donne si parlava già da molto tempo, almeno dalla Rivoluzione francese (1789-1799). Ne è un esempio Olympe de Gouges (1748-1793), che nel 1791 (due anni prima di essere impiccata, durante la Rivoluzione) pubblicò il manifesto Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina.

Negli stessi anni della Rivoluzione francese, in Inghilterra Mary Wollstonecraft fondò i  primi circoli femminili e nel 1792 pubblicò un libro intitolato La rivendicazione dei diritti delle donne.

Le suffragette erano perlopiù donne di estrazione sociale borghese; ma l’obiettivo del movimento nel suo complesso – comprendente quindi anche le donne di estrazione proletaria – era più vasto: non solo la possibilità di votare e di essere elette (diritti civili), ma la completa parità tra uomo e donna (diritti sociali).

La lotta delle suffragette fu particolarmente dura in Inghilterra. Le suffragette inglesi si erano organizzate in particolar modo attorno alla figura di Emmeline Pankhurst (1858-1928) e di sua figlia Christabel. Emmeline era una donna colta, sposata al celebre avvocato Richard Pankhurst, intellettuale, propugnatore delle tesi del filosofo inglese John Stuart Mill, che nel 1869 aveva pubblicato Sulla schiavitù della donna, suscitando grande scalpore.

Emmeline aveva fondato la WSPU (Women Social and Political Union) nel 1903, con l’aiuto di alcune mogli di politici laburisti, a sostegno dei diritti femminili.

Le suffragette agivano con gesti plateali, ad esempio, nel 1913 all’interno dell’ippodromo inglese di Epsom, Emily Davison (1872-1913) tentò di fermare un cavallo in corsa, ma gravemente ferità, morì pochi giorni dopo.

Le suffragette non temevano gli scontri di piazza, gli arresti e i maltrattamenti nelle carceri londinesi. Gridavano i loro slogan per le vie cittadine, s’incatenavano ai cancelli dei palazzi del governo, incendiavano le cassette della posta, lanciavano sassi alle finestre e alle vetrine dei negozi, sabotavano i comizi dei politici e disturbavano l’attività dei parlamentari. Le loro azioni si risolvevano immancabilmente con il loro arresto.

A tutte le manifestazioni delle suffragette era infatti sempre presente la polizia, che interveniva con mano pesantissima. I poliziotti disperdevano gli ascoltatori dei comizi, trascinavano via le attiviste, spesso le picchiavano e le conducevano in carcere. La strategia della Pankhurst prevedeva di non ribellarsi agli arresti, di farsi vedere dai giornalisti mentre si veniva ammanettate, infine di fare lo sciopero della fame. Per evitare troppe imbarazzanti morti in carcere, i direttori dei penitenziari ricorrevano all’alimentazione forzata, che si rivelava nulla più che una tortura. Fu lo stesso re Giorgio V a volere la fine di quelle pratiche barbare; all’alimentazione forzata si sostituì allora il ricovero delle scioperanti e l’allungamento dei termini di carcerazione.

In Inghilterra il diritto di voto per tutte le donne venne riconosciuto solo nel 1928. Paradossalmente, dopo altri Paesi. Per esempio, il primo Stato a riconoscere il diritto di voto alle donne fu la Nuova Zelanda, nel 1893. La Germania ci arrivò nel 1919, gli Stati Uniti nel 1920. La Francia concesse il voto alle donne solo nel 1945. In Italia le donne votarono per la prima volta nel 1946. Le donne svizzere dovettero aspettare il 1971.

Il diritto di voto fu solo il primo passo verso la parità giuridica tra uomini e donne. Va ricordato infatti che a lungo i beni delle donne sono stati gestiti dai loro mariti, che il genere femminile si è visto negare per molto tempo l’accesso all’istruzione superiore e alle università e che molte professioni sono state loro precluse quasi fino ai giorni nostri: in Italia la carriera in Magistratura, per esempio, fu aperta alle donne solo negli anni Sessanta del Novecento.

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