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Superuomo di D’Annunzio tra estetismo e nazionalismo

Il superuomo di D’Annunzio è il poeta Vate, che vive una vita originale, piena di emozioni e passioni in una dimensione estetica, in cui la virtù è consacrata all’arte. Si tratta, perciò, di un superuomo del tutto lontano dal superuomo di Nietzsche. Per comprendere in pieno il superuomo di D’Annunzio, addentriamoci nella figura del d’Annunzio ideologo e politico.

Gabriele D’Annunzio, infatti, oltre che scrittore volle essere ideologo e politico, inserendosi più volte nella vita politica del paese.

Costante nell’ideologia dannunziana è la componente nazionalistica: egli aderisce al colonialismo aggressivo di Crispi, sostiene l’interventismo durante la Prima Guerra Mondiale, è protagonista dell’impresa su Fiume, appoggia la guerra fascista in Etiopia.
Il nazionalismo di d’Annunzio è aggressivo e razzista, esibizionista e individualista. La retorica nazionalista mira a sedurre e a colpire, non induce alla riflessione e inaugura e precede la retorica fascista e mussoliniana, sebbene l’adesione di d’Annunzio al Fascismo sia contraddittoria.

La concezione politica di D’Annunzio è da definirsi, infatti, insieme postpolitica e prepolitica: D’Annunzio non si identifica in una particolare corrente politica (passa dalla Destra alla Sinistra in pochi anni), ma si schiera da quella parte che egli ritiene giusta, agendo al di là del bene e del male; egli è al di là dei partiti, è spinto dal bisogno di ricavare il massimo utile sfruttando i meccanismi culturali della civiltà di massa; allo stesso tempo, riduce l’io a puro istinto e sensazione.

L’esibizionismo e il protagonismo di D’Annunzio nascondono una passiva accettazione della realtà: accetta la realtà come data, senza aspirare a un cambiamento sostanziale.

Da qui deriva anche il rifiuto di D’Annunzio a fare i conti con la degradazione sociale subita dall’artista nella moderna società borghese: reagisce alla degradazione dell’arte a merce negandola. La Bellezza è così al di sopra di tutto, è un valore assoluto. Allo stesso tempo, però, sfrutta i meccanismi dell’industria culturale per propagandare se stesso, acquisendo consensi, imponendosi come mito di massa, un genio solitario e superiore che disprezza aristocraticamente la massa e si circonda di esperienze esclusive e raffinate.

La scoperta di Nietzsche permette al dandy d’annunziano di trasformarsi in superuomo.

L’incontro con la filosofia di Nietzsche risale all’inizio degli anni Secondo Ottocento. Il primo dei romanzi del Superuomo, Trionfo della morte (1894), mostra come D’Annunzio abbia recepito il pensiero di Nietzsche superficialmente, banalizzandolo. Il superuomo di D’Annunzio ignora la critica radicale alle ideologie per valorizzare esclusivamente l’aspetto vitalistico e dionisiaco. Il superuomo di D’Annunzio afferma la vita attraverso l’esaltazione della volontà di potenza, dell’istinto di lotta e di dominio.
L’esteta unisce al culto della Bellezza quello della Forza e celebra la bellezza della violenza, della strage, del sangue. Nelle Vergini delle rocce (1895), Cantelmo, il protagonista vede l’arte come uno strumento di intervento sulla realtà e di dominio ideologico sulle masse, per distruggere la meschinità della democrazia borghese e l’arroganza delle plebi, per difendere la Bellezza, possibile solo in una società autoritaria e aristocratica.

Il critico Salinari, storicizzando la figura del superuomo di D’Annunzio, interpreta la sua figura come reazione alle frustrazioni delle imprese coloniali, all’inasprirsi delle lotte sociali e alla crisi di stabilità e di certezze della fragile democrazia di fine secolo.

Il superuomo fornisce all’esteta una funzione sociale dell’arte, impostando un rapporto con il pubblico e con l’arte in senso di conquista e di successo. Il superuomo di D’Annunzio subordina tutto al progetto della propria affermazione: la donna, la natura e tutto il mondo circostante. La donna soprattutto diventa la Nemica, la lussuria, con la quale quella avvince l’uomo, è un ostacolo alla volontà di dominio dell’uomo. Così, Effrena, protagonista del Fuoco (1900) riesce a superare questo limite solo quando la donna accetta la totale subalternità alle esigenze dell’artista, rinunciando a se stessa.

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