Su Gaio Svetonio Tranquillo non si conoscono esattamente né l’anno di nascita né quello di morte. Si suppone che sia nato poco dopo il 70 d.C. da una famiglia di rango equestre.
A Roma, Svetonio inizialmente si dedicò all’attività forense, poi divenne funzionario imperiale grazie all’appogio di Plinio il Giovane e Setticio Claro.
Sotto l’imperatore Traiano fu curatore delle biblioteche pubbliche; poi, sotto l’imperatore Adriano fu addetto all’archivio imperiale ed anche responsabile della corrispondenza dello stesso principe (incarico che fu determinante per le sue ricerche).
La sua brillante carriera burocratica si interruppe nel 122, quando cadde in disgrazia insieme a Setticio Claro, prefetto del pretorio e suo protettore, perché pare che entrambi si fossero presi troppo libertà con Vibia Sabina, moglie di Adriano. Si ritirò allora a vita privata, dedicandosi agli studi. Non sappiamo quanto tempo dopo sia morto.
Svetonio opere
A Svetonio vengono attribuite molte opere, in latino e in greco, ma nulla è pervenuto. Di Svetonio sono pervenute due biografie: una sezione del De viris illustribus e, completo, il De vita Caesarum.
Svetonio: De viris illustribus
De viris illustribus (Gli uomini famosi) è una raccolta di biografie dedicate esclusivamente a personaggi della letteratura. È divisa in varie sezioni: poeti, oratori, storici, filosofi, grammatici e retori. È giunto però solo il libro De grammaticis et rhetoribus, e qualche parte dei rimanenti, soprattutto del De poetis, con notizie su Terenzio, Virgilio e Orazio.
Il De viris illustribus fu modello per san Gerolamo, che se ne servì non solo per comporre l’opera omonima riservata agli scrittori cristiani, ma anche come fonte per le notizie da inserire nella traduzione dal greco del Chronicon di Eusebio.
Svetonio: De vita Caesarum
Il De vita Caesarum (le Vite dei Cesari) è una raccolta di dodici biografie, distribuite in 8 libri, di cui i primi 6 dedicati ciascuno a Cesare, Augusto, Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone, il settimo ai tre principi che si sono succeduti nel 68-69 (Galba, Otone, Vitellio), l’ultimo ai tre imperatori della casa Flavia (Vespasiano, Tito, Domiziano).
Il De vita Caesarum è dedicata a Setticio Claro e manca del proemio e della parte iniziale della vita di Cesare.
L’opera fu scritta molto probabilmente negli anni 119-121, durante i quali Svetonio fu bibliotecario ed addetto alla corrispondenza di Adriano: poté quindi godere di tanta libertà e di facile accesso agli archivi imperiali.
Le fonti del De vita Caesarum devono essere state le stesse di cui si servì Tacito: atti pubblici e privati, opere letterarie, discorsi funebri. Tuttavia Svetonio si servì anche di fonti non ufficiali, come scritti propagandistici e diffamatori e anche testimonianze orali, al fine di alimentare quel gusto per le storielle piccanti, gli aneddoti e i pettegolezzi, così vivo nel I secolo dell’Impero.
Nell’analisi di ciascun imperatore, Svetonio segue sempre lo stesso schema: descrizione delle origini familiari, gli studi compiuti, il cursus honorum prima dell’assunzione del potere; vita pubblica (operazioni militari, leggi promulgate, opere pubbliche, spettacoli allestiti) e privata (rapporti affettivi, interessi, manie, ritratto fisico, gusti sessuali) dell’imperatore (nel De vita Caesarum di Svetonio è assente ogni processo di idealizzazione. Il principe finisce per cadere dal piedistallo su cui la propaganda di corte lo poneva); infine, il racconto dell’ultimo periodo della vita dell’imperatore, le circostanze della sua morte (sempre preannuciata da prodigi), i funerali, il testamento, i discorsi funebri, ecc.
Le biografie non sono di uguale estensione; quelle sugli imperatori più recenti sono più brevi e probabilmente sono state scritte per prime. Si può pertanto ipotizzare per Svetonio un percorso analogo a quello di Tacito, il quale aveva trattato prima i principi più vicini a lui nel tempo e poi gli altri.
Le opere di Svetonio e Tacito a confronto
Svetonio presenta molti punti in comune con Tacito, del quale condivide il metro di giudizio (moralistico) riguardo alle azioni e ai personaggi. Entrambi sottolineano l’abiezione morale, l’assenza di scrupoli, il mancato rispetto per la dignità altrui, l’abuso di potere. Ma mentre Svetonio li presenta come se fossero delle innocenti manie, Tacito ne dramatizza la portata storica, inserendoli in un rapporto di causalità ed indicandoli come responsabili del processo storico.
Comunque l’analogia di atteggiamento riguarda solo il piano morale.
La differente estrazione sociale dei due – di origine aristocratica lo storico Tacito, medio-borghese il biografo Svetonio – si risolve in una diversa valutazione delle figure degli imperatori sul piano politico. La condanna di Tacito degli imperatori infatti era totale: la sua appartenenza ad una classe sempre bistrattata dal dispotismo imperiale aveva sviluppato in lui una forte avversione nei loro confronti. Invece la borghesia urbana era stata favorita dai principi, che spesso si era appoggiata ad essa nella loro lotta contro la nobiltà. Ciò aveva prodotto negli intellettuali di origine borghese, e in Svetonio, un atteggiamento più propenso a riconoscere, sul piano politico, i meriti di quei principi che si erano mostrati più benevoli nei confronti degli equites (ordine equestre).
Del resto Svetonio non ambiva a costruire personalità a tutto tondo, voleva semplicemente fornire alla classe media – la vera destinataria delle Vite dei Cesari – una serie di informazioni, più spesso piccanti e gustose, ponendosi con un atteggiamento non del tutto ostile al principato.
Comunque il De vita Caesarum, pure con i suoi difetti, è stata una delle opere più lette nei secoli. L’assenza di ricercatezza e di preziosismi, la semplicità hanno reso l’opera di facile lettura e questo spiega il suo successo.