I tre gradi di giudizio nel sistema italiano
Nel momento stesso in cui una società stabilisce ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che è lecito e ciò che è illecito, stabilisce anche chi è innocente e chi è colpevole. In che modo?
La colpevolezza o l’innocenza di un imputato viene stabilita attraverso tre gradi di giudizio comuni sia alle cause civili (generalmente di carattere economico) sia alle cause penali.
Nel primo grado di giudizio i processi si svolgono davanti a un giudice di pace, o in tribunale: davanti a un giudice unico o a un organo collegiale costituito da tre giudici se la pena prevista per il reato è superiore ai 20 anni. Le cause penali più gravi, come quelle per omicidi e stragi, sono di competenza della Corte d’assise, presieduta da due giudici assistiti da una giuria popolare formata da sei cittadini estratti a sorte, che siano in possesso almeno del diploma di licenza media inferiore.
Nel secondo grado di giudizio, contro le sentenze emesse durante il processo di primo grado, si può ricorrere alla Corte d’appello o alla Corte d’assise d’appello (per i casi discussi in Corte d’assise). Questo secondo grado di giudizio può addirittura ribaltare le sentenze emesse in primo grado.
Nel terzo grado di giudizio, contro le sentenze di secondo grado, se vi sono elementi per ritenere che il processo sia stato condotto non interpretando bene le leggi e sia dunque illegittimo, si può ricorrere alla Corte di cassazione, che non giudica l’imputato ma la sentenza d’appello e, in caso affermativo, si procede al suo annullamento.
Il diritto di essere giudicato attraverso un processo giusto ed equo era una necessità presente anche nel mondo antico: per un approfondimento leggi Giustizia e processi nell’antica Roma