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Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui

Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui è un altro verso memorabile tratto dalla Divina Commedia di Dante. Si tratta del verso 58-59 del canto XVII del Paradiso e fa parte della celebre profezia che l’avo Cacciaguida fa a Dante.

Prima di procedere alla parafrasi e alla spiegazione di questo verso, è opportuno fare prima una breve introduzione relativa al canto stesso e ai suoi protagonisti.

Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui – Paradiso canto XVII (canto 17)

Nel V Cielo, quello del pianeta di Marte, Dante incontra gli spiriti di coloro che sono morti combattendo per la fede. Tra di loro vi è il suo antenato Cacciaguida, che era morto durante la seconda crociata. Con lui Dante parla per ben tre canti (canto 15, canto 16, canto 17 del Paradiso).

Il punto più alto di questo lungo dialogo è la profezia, che Cacciaguida fa al pronipote, dell’esilio che caratterizzerà l’ultima parte della vita del poeta fiorentino.

Già nella parte precedente dell’opera alcuni dei personaggi incontrati dal poeta avevano accennato al tema dell’esilio di Dante, ma è solo qui, per bocca del suo trisavolo, che Dante fa un’esplicita e solenne descrizione del destino che lo aspetta. Tale profezia, essendo il poema stato interamente composto quando il sommo poeta si trovava già in esilio, è ovviamente un espediente attraverso il quale egli può descrivere la condizione drammatica dell’esule, costretto a chiedere ospitalità a estranei e sofferente per la perdita di tutto ciò che gli era più caro.

La profezia di Cacciaguida

vv. 55-69 Canto 17 Paradiso

Tu lascerai ogne cosa diletta
più caramente; e questo è quello strale
che l’arco de lo essilio pria saetta.

Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale.

E quel che più ti graverà le spalle,
sarà la compagnia malvagia e scempia
con la qual tu cadrai in questa valle;

che tutta ingrata, tutta matta ed empia
si farà contr’ a te; ma, poco appresso,
ella, non tu, n’avrà rossa la tempia.

Di sua bestialitate il suo processo
farà la prova; sì ch’ a te fia bello
averti fatta parte per te stesso.

Qui di seguito la parafrasi

Tu lascerai ogni cosa amata con più affetto
e questo è quel dolore
che per prima cosa ti infliggerà l’esilio.

Tu proverai quanto è amaro il pane concesso
dagli altri, e quanto è faticoso e doloroso
salire e scendere per le scale delle abitazioni altrui.

E ciò che ti sembrerà più gravoso,
saranno i compagni di fazione malvagi e sciocchi
con cui condividerai questa misera condizione;

che ingrati, dissennati e pieni di odio
si volgeranno contro di te; ma poco dopo, saranno essi
e non tu, a subirne le sanguinose conseguenze.

La loro insensatezza sarà dimostrata
dalle loro azioni; cosicché ti farà onore
esserti allontanato da loro, agendo per te stesso.

Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui – Spiegazione

Qui c’è il dolore di Dante che ha in realtà già sperimentato quanto provochi sofferenza la lontananza dalla propria patria e quanto sia umiliante il cibo offerto come un’elemosina. Eppoi c’è l’altra immagine forte dell’esilio: spesso chi è ospite di qualcuno vive l’umiliazione di chi deve sempre chiedere ospitalità, rischiando di essere rifiutato. Infine, Dante si troverà a dover condividere l’esilio con compagni indegni e malvagi (i Guelfi bianchi esiliati), destinati però a una fine tragica. Dall’esilio, infatti, i Bianchi cercarono a più riprese di tornare a Firenze con l’azione militare. Dante, anche visti gli insuccessi, a partire dalla fine del 1303 si iniziò a isolare dagli altri esiliati e si attirò la loro inimicizia. Nell’estate del 1304 essi furono sconfitti a Lastra, presso Firenze.

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