Una vita è il primo romanzo di Italo Svevo iniziato nel 1888 e pubblicato nel 1892, a spese dell’autore, accolto con totale indifferenza. Con esso Svevo introduce il concetto dell’inetto, tema che ricorre in tutta la produzione letteraria dell’autore.
Una vita di Italo Svevo: riassunto del romanzo
Il protagonista è Alfonso Nitti. Il padre, medico condotto, è morto, lasciando la famiglia in ristrettezze. Alfonso Nitti lascia dunque il paese e la madre e si trasferisce a lavorare a Trieste, presso la banca Maller. Afflitto da noia e insoddisfazione per la propria mediocre esistenza, sogna di diventare scrittore.
L’occasione per il riscatto della sua vita gli è offerta da un invito a casa del padrone della banca, Maller. Qui conosce Annetta, la figlia di Maller, capricciosa e altezzosa, e il cugino di lei, Macario, un giovane sicuro di sé e molto determinato (quindi proprio il suo opposto) con il quale stringe amicizia. Annetta, anch’essa con ambizioni letterarie, prima invita Alfonso a partecipare a serate letterarie che tiene in casa propria e poi gli propone la scrittura a due mani di un romanzo.
Con la complicità di Francesca, istitutrice in casa di Maller e sua amante, che aspira anch’essa al salto di classe attraverso il matrimonio con il padrone, Alfonso Nitti avvia una relazione con la donna, ma questa non gli dà né nuovi entusiasmi né gioia autentica. Così dopo una notte d’amore, rifiuta il suggerimento di Francesca di sfruttare la situazione e combinare il matrimonio, e fugge al paese natale accampando come pretesto una malattia della madre, che poi scoprirà soffrire per davvero di una grave malattia alla quale non sopravvivrà.
Dopo la morte della madre, ritorna di nuovo a Trieste e trova la situazione mutata. Annetta, sdegnata con lui, si è fidanzata con il cugino ed egli, considerato dai colleghi un cacciatore di dote, viene anche retrocesso a una posizione impiegatizia inferiore.
Alfonso Nitti affronta indignato il signor Maller, ma nell’emozione si lascia sfuggire frasi che vengono interpretate come ricatti. Scrive ad Annetta e le chiede un appuntamento, per una definitiva spiegazione. Ma la lettera viene considerata dalla famiglia di lei come tentativo di ricatto; all’appuntamento perciò si presenta il fratello Federico, che lo sfida al duello. Alfonso, sentendosi «incapace alla vita», si suicida prima dell’incontro, ponendo fine al senso di inutilità e inadeguatezza che lo attanaglia.
La notizia della sua morte viene affidata dall’autore a una fredda, impersonale e ipocrita lettera della Maller, in cui viene dichiarata, falsamente, sconosciuta la ragione del gesto dell’impiegato.
Una vita di Italo Svevo: analisi
Italo Svevo pubblicò il suo primo romanzo Una vita nel 1892; avrebbe voluto intitolarlo Un inetto, ma fu sconsigliato dall’editore, che riteneva il titolo poco accattivante. E invece era quello un titolo emblematico, perché definiva la condizione fondamentale del protagonista: un inetto, un uomo debole e irresoluto, perennemente oscillante tra buoni propositi e incapacità di mantenervi fede.
Alfonso Nitti non è la vittima di una società spietata, che stritola gli individui più deboli, come accadeva ad esempio per i personaggi di Giovanni Verga. Al contrario, egli è soprattutto vittima di se stesso, delle sue indecisioni e delle sue tortuosità psicologiche, che lo rendono incapace di avere un sano e positivo contatto con la realtà.
È il primo antieroe novecentesco, condannato a perdere fin dal principio, fin da quando si illude di poter vivere secondo i principi di Schopenhauer, filosofo particolarmente caro a Svevo e assolutamente estraneo invece alla tradizione del romanzo dei naturalisti.
L’inettitudine è il segno distintivo di Alfonso Nitti, come lo sarà dei protagonisti degli altri due romanzi, Emilio Brentani (in Senilità) e Zeno Cosini (in La coscienza di Zeno).
La narrazione è in terza persona e il narratore guarda con distacco i propri personaggi.