San Martino del Carso poesia di Giuseppe Ungaretti pubblicata nel 1916 ne Il porto sepolto e poi confluita nella raccolta L’Allegria. È una delle più note poesie sulla guerra di Ungaretti (Veglia, Fratelli, Soldati, Mattina).
San Martino del Carso Ungaretti. Il testo
Metrica: brevi versi liberi
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano¹
non è rimasto
neppure tanto²
Ma nel cuor
nessuna croce manca
È il mio cuore
il paese più straziato
Valloncello dell’Albero Isolato il 27 agosto 1916
¹ mi corrispondevano: contraccambiavano il mio affetto.
² neppure tanto: dei compagni d’armi del poeta non è rimasto nemmeno il corpo nei cimiteri.
San Martino del Carso commento
Come per le altre poesie di questa raccolta, l’autore ha indicato il luogo e la data di composizione dei suoi versi, come in una pagina di diario, perché il loro contenuto non è separabile dall’occasione che li ha ispirati.
Protagonista di questa poesia è la parola “guerra” che distrugge uomini e cose; essa non compare nel testo, ma ne è la protagonista onnipresente. Della guerra infatti parlano i resti degli oggetti, ridotti a «brandelli», e il ricordo di chi non c’è più. Per ognuno dei tanti che sono caduti c’è una simbolica croce nel cuore del poeta e soldato Ungaretti, un cuore trasformato – altrettanto simbolicamente – in un cimitero.
San Martino del Carso analisi
Il testo è suddiviso in quattro strofe con costruzione fortemente simmetrica: uguali tra loro la prima e la seconda, così come la terza e la quarta.
Le prime due strofe, composte di quattro versi, iniziano entrambe con la preposizione «Di», che introduce il medesimo complemento sintattico (complemento partitivo) e presentano la ripetizione del verso «non è rimasto», pur in differente posizione.
Le ultime due strofe sono simili, tanto che il primo verso di entrambe è quasi uguale («Ma nel cuore», «È il mio cuore»).
La punteggiatura è del tutto assente e questo, oltre a costituire una precisa scelta stilistica del primo Ermetismo, dà unità e continuità interna all’intera poesia, sicché le immagini di ogni strofa si susseguono come frammenti di un unico pensiero.
È assente la rima, anche se vi sono richiami interni («rimasto / rimasto»; «cuore / cuore»; «tanti / tanto»).
I versi 9-10 e 11-12, se letti di seguito, formano due endecasillabi regolari: Ungaretti utilizza quindi la versificazione tradizionale, ma con l’intento di frantumarla per renderla “frammento”.
L’ultima strofa del componimento è costruita intorno a un’analogia: «è il mio cuore il paese più straziato», che mette in stretto rapporto due elementi – il cuore del poeta e il paese – accomunati dalla medesima condizione di “strazio”.
La forza espressiva di questa poesia consiste nella sua incisiva brevità e nella precisa scelta del lessico, per cui ogni parola assume un forte significato evocativo. In tal modo i sentimenti di dolore, tristezza e commiserazione che il poeta avverte non sono descritti in modo esplicito, ma comunicati al lettore attraverso immagini potentemente espressive.