La Venere dormiente è uno dei soggetti più cari agli artisti del Rinascimento.
Venere, dea dell’amore e incarnazione della bellezza assoluta, è dipinta dai pittori del Cinquecento in modi molto diversi.
Come Venere dormiente è stata ritratta ora casta, che dorme nella natura nell’interpretazione di Giorgione, ora nelle vesti di una bella cortigiana in una sontuosa stanza come la ritrae Tiziano.
La Venere dormiente di Giorgione
La splendida Venere dormiente fu dipinta intorno al 1510 da Giorgione.
Il pittore, considerato a ragione uno dei massimi protagonisti del rinnovamento della pittura veneziana del Cinquecento, creò con quest’opera il prototipo di un genere destinato a grande fortuna in tutta la pittura del Cinquecento.
Venere dormiente giace nuda su un ampio panno rosso e oro che la protegge dall’erba umida del prato.
Le morbide linee del corpo di Venere dormiente sembrano seguire le curve delle colline del paesaggio. La dea non sembra mostrare la sensualità consueta delle immagini di Venere, bensì è assorta, casta e sognante.
L’opera manifesta pienamente uno dei caratteri della pittura di Giorgione, la definizione del valore tonale: le forme, i volumi, gli accordi tra le varie parti non sono definiti da un preciso disegno, ma piuttosto dai delicati passaggi chiaroscurali dei diversi toni del colore.
Venere di Urbino di Tiziano
Nella Venere di Urbino (così chiamata perché commissionata dal duca di Urbino, Guidobaldo II Della Rovere) Tiziano riprese la posa della figura della Venere dormiente di Giorgione. Tuttavia ambientò la sua Venere in un sontuoso interno rinascimentale, sdraiata su un divano o un letto. È una creatura più sfrontata, umana e concreta, che fissa negli occhi l’osservatore, noncurante della sua nudità.
Sullo sfondo un cane è addormentato, mentre due fantesche frugano in un cassettone nuziale: forse cercano i vestiti che dovrà indossare la bella Venere?
Venere e Cupido spiati da un satiro
La Venere dormiente dipinta da Antonio Allegri, detto Correggio (1489-1534), è ancora più audace.
Abbandonata sul terreno, si è addormentata sotto una frondosa macchia di alberi. Il corpo è definito da una linea flessuosa e i colori sono morbidi e delicati.
A fianco giace Cupido, mentre un satiro solleva il grande telo sul quale è adagiata Venere.
Conosciuto anche con il titolo di Giove e Antiope, il dipinto faceva parte in origine della collezione del conte Nicola Maffei (1481-1536), intimo frequentatore di Federico Gonzaga e noto collezionista d’arte.