Veni vidi vici, letteralmente Venni vidi vinsi. È il messaggio che Giulio Cesare inviò a Roma il 2 agosto del 47 a.C., dopo aver vinto a Zela (oggi in Turchia orientale) l’esercito di Farnace, figlio di Mitridate, re del Ponto.
Il messaggio venne recapitato a Gaio Mazio, scrittore e amico di Cesare, che lo lesse in Senato.
Perché Giulio Cesare pronunciò questa frase?
Il regno del Ponto, un territorio dell’attuale Turchia, non aveva mai avuto buoni rapporti con Roma. Il suo re Mitridate VI era un acerrimo nemico della Repubblica e avrebbe voluto distruggere Roma. Per questo combatté contro i Romani ben tre guerre.
Alla fine, però, arrivò Cesare che, in una fulminea battaglia, la battaglia di Zela (2 agosto del 47 a.C.) sconfisse Farnace, il figlio di Mitridate. Fu uno scontro sanguinoso, durato cinque ore. Le legioni di Cesare, pur soffrendo molte perdite, annientarono l’esercito di Farnace, che contava circa 20 000 uomini.
Dopo la vittoria, Cesare inviò a Roma il famoso messaggio “Veni vidi vici” (letteralmente Venni, vidi, vinsi): in tre parole comunicò quanto necessario.
Le parole vengono citate in Vite parallele del biografo e storico greco Plutarco:
Subito marciò contro di lui con tre legioni e dopo una gran battaglia presso Zela lo fece fuggire dal Ponto e distrusse totalmente il suo esercito. Nell’annunziare a Roma la straordinaria rapidità di questa spedizione, scrisse al suo amico Mazio tre sole parole: “Veni, vidi, vici”.
Che significa Veni vidi vici e in che situazioni si utilizza?
Questa espressione è utilizzata ancora oggi per indicare il successo di un’impresa ottenuto con grinta, rapidità e facilità.