Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono di Francesco Petrarca: parafrasi, analisi e commento.
È questo il sonetto di apertura del Canzoniere di Francesco Petrarca, anche se probabilmente fu composto abbastanza tardi, nel 1350 o anche prima.
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono – la parafrasi
vv. 1-8 Voi [lettori] che ascoltate in [queste] poesie (rime) sparse il suono di quei sospiri con i quali io nutrivo il cuore al tempo dell’illusione della mia prima giovinezza (si riferisce all’amore per Laura), quando ero diverso, ma solo in parte, da quelo che sono oggi,
spero di trovare comprensione e perdono del mio stile mutevole (vario), con il quale io mi lamento e scrivo fra le inutili (vane) speranze e l’inutile dolore, ovunque [vi] sia qualcuno che (chi) per esperienza (per prova) conosca (intenda) che cos’è l’amore.
vv. 9-14 Ma ora vedo (veggio) bene che per molto tempo (gran tempo) fui per tutta la gente (al popolo tutto) motivo di dicerie (favola), per cui (onde) spesso (sovente) mi vergogno di me stesso (medesmo) fra me (meco);
e [perciò] il risultato (‘l frutto) del mio illudermi (vaneggiar) è la vergogna, e il pentirsi, e il capire (conoscer) chiaramente che tutto ciò che (quanto) piace nel (al) mondo è fuggevole (breve) illusione (sogno).
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono – analisi del testo
Il sonetto è posto ad apertura del Canzoniere e ha lo scopo di annunciarne il tema amoroso (i «sospiri»), la disillusione che lo ha seguito (la terzina conclusiva), il conseguente giudizio di condanna che è stato formulato dal poeta («errore»).
Viene inoltre annunciato il modo in cui la raccolta è stata strutturata («rime sparse») e la varietà che caratterizza, al suo interrno, la trattazione del medesimo tema (il «vario stile»).
La forma metrica è quella del sonetto, dominante nel Canzoniere di Petrarca, con schema di rime ABBA ABBA; CDE, CDE.
La prima quartina è segnata dalla ripetizione del gruppo /ri/ («RIme», sospiRI», «nudRIva», «pRImo»).
La seconda quartina è segnata dal gruppo /va/ («VArio», «VAn», «proVA», «troVAr»).
Anche le terzine sono dominate dalla figura dell’allitterazione: «Favola Fui», «Me Medesimo Meco Mi», «Vaneggiar Vergogna», «Conoscer Chiaramente/Che Quanto».
Da notare anche la figura retorica del chiasmo dei vv. 5-6, nei quali a «piango» corrisponde «dolore», e a «ragiono», «speranze». Cioè: il poeta chiede pietà per il dolore provato, e chiede perdono per le illusioni di cui si è nutrito. Si noti infine che alla «pietà» corrisponde la «vergogna» (vv. 11 e 12) e al «perdono», il «pentimento».